Tenuta del Filo e Capacita' di Taglio

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Aldebaran
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Tenuta del Filo e Capacita' di Taglio

Messaggio da Aldebaran »

Tanti anni fa gli strumenti da taglio, rasoi a mano libera compresi, venivano forgiati tramite l'uso di acciai bassolegati ad alto contenuto di carbonio, la cui chimica era molto simile, se non uguale, a prescindere dalle marche, modelli e modi d'uso.A tal proposito consiglio la lettura di questo post esplicativo.
Nei bassolegati aumentando la temperatura di rinvenimento diminuisce progressivamente la durezza.
Questo perchè prima la martensite si impoverisce di carbonio, diminuendo la distorsione (e quindi la durezza) e aumentando la quantità di carburi (cementite epsilon, Fe1,3C o in alcuni casi Fe1C). L'aumento di tali carburi però non è tale da compensare la diminuzione di durezza dovuta alla minor distorsione della martensite. A temperatura di circa 400-450°C si forma la sorbite, ovvero una matrice ferritica in cui sono dispersi carburi di ferro (cementite, Fe3C). Tali carburi però hanno una bassa resistenza alla coalescenza (ovvero la tendenza delle particelle di carburi di maggior volume ad ingrandirsi a spese di quelle più piccole). Ne consegue, a parità di volume di carburi (Fe3C in questo caso), una minor area di separazione tra la fase alfa (ferrite) e la cementite, con una conseguente diminuzione di durezza, resistenza meccanica (a flessione, snervamento, ecc) ma una maggior tenacità.All'aumentare della T o del tempo di permanenza (o entrambi) aumentano le dimensioni dei carburi.
Viceversa al giorno d'oggi, gli acciai utilizzati per i rasoi e per gli strumenti da taglio sono molto variegati.Vorrei quindi aprire una discussione prescindendo da chimica degli acciai usati per la coltelleria, trattamenti termici e modi d'uso delle lame odierne affinche' ognuno di noi possa stabilire con quasi assoluta certezza se una lama ha una buona tenuta del filo a seconda dell'uso che se ne vuole/deve fare.
Prima di leggere quanto scritto, consiglierei la lettura di questo thread e di questetabelle.
Il carbonio non è l'unico elemento che contribuisce alla tenuta del filo.
Mo e V ad esempio formano carburi molto duri (cosi' come anche W Nb, Ti, Ta o Al e N che formano nitruri durissimi) che migliorano tale parametro. Il cromo invece (quello libero, non sottoforma di carburi) peggiora la tenuta del filo, aumentando la microseghettatura del filo.
Quindi certi acciai possono garantire un elevata tenta del filo e un elevatissima resilienza. L'INFI ne è un esempio. Difatti la tenacità di un acciaio, a parità di composizione aumenta con diminuire del tenore di C.

L'INFI è molto meglio dell'Sr77 degli Scrap Yard, anche perchè quest'ultimo viene portato a 58-60 Hrc, durezze limite per l'S7 che oltre i 57 Hrc fa registrare una drastica caduta di resilienza.

Inoltre per i coltelli da campo (o comunque che devono svolgere lavori di taglio ad impatto) la resilienza conta anche per la tenuta del filo, dato che diminuisce il pericolo di chipping o microchipping.

l'INFI rispetto all'acciaio degli Scrap ha una resilienza maggiore, maggiore tenuta del filo e resistenza alla corrosione.

Da notare che il filo dei coltelli costruiti con acciai come INFI, S7, A8, CPM3V, A2, o bassolegati come 1095, 1050, O1, W1 ecc si usura in maniera più omogenea e graduale rispetto ad alcuni acciai inossidabili martensitici come CPM S4330V, CPM S90V.

La tempra ovviamente gioca un ruolo fondamentale e per gli acciai di cui stiamo parlando (al carbonio altolegati e inossidabili martensitici) è ancor più importante il rinvenimento.L' Sr77 altro non è che S7 temprato e sottoraffreddato (per ottenere alti valori di durezza per tale acciaio). l'INFI subisce lo stesso trattamento.
Per gli altolegati, in particolare quelli contenenti buoni-elevati contenuti di elementi formatori di carburi a temperature di circa 450-550°C si ha l'indurimento secondario. Si ha ovvero un incremento di durezza dovuto alla precipitazione, nella matrice martensitica, di carburi duri (di Mo, V, Nb, W, Cr, Ti, Ta, ecc) preferenzialmente rispetto a quelli di ferro (cementite, Fe3C). Questi carburi, oltre ad essere più duri (anche di molto) rispetto a quelli del Fe3C, sono anche più resistenti alla coalescenza (in particolare quelli di Mo e W) e questo porta ad un incremento della durezza, resistenza all'usura, resistenza meccanica, ecc,oltre a mantenere comunque buoni-elevati valori di tenacità (in relazione alla durezza e composizione dell'acciaio), anche perchè il ritorno alla cella cubica tipica della ferrite porta ad una distensione delle tensioni interne.
Il rinvenimento multiplo è però è una tecnica adottata per trasformare in martensite l'austenite residua che rimane nell'acciaio dopo lo spegnimento. Difatti per i bassolegati basta un contenuto di C pari allo 0,7% perchè l'orizzonte Mf (martensite finish, ovvero la temperatura alla quale finisce la trasformazione martensitica e per velocità di raffreddamento superiori a Vs si ha una struttura completamente martensitica, al 100%) sia al di sotto degli 0°C e quindi rimanga una certa quantità di austenite residua. Oltre al carbonio tutti i principali elementi di lega (ad eccezione del cobalto) abbassano il limite Mf e Ms. Ne risulta quindi che praticamente tutti gli altolegati e i bassolegati con un tenore di C uguale o superiore allo 0,7% dopo lo spegnimento avranno una certa percentuale di austenite residua.
Per trasformare tale austenite in martensite si può operare in tre modi: facendo un sottoraffreddamento (seguito da almeno un rinvenimento), fare una serie di rinvenimenti multipli , fare il trattamento criogenico.
Per quanto riguarda il sottoraffreddamento esso consiste nel raffreddare l'acciaio, dopo lo spegnimento, a temperature inferiori a 0°C. In questo modo ci si avvicina sempre di più al limite Mf, facendo quindi proseguire la trasformazione martensitica (e se si supera Mf si ottiene martensite al 100%). Per la maggior parte degli acciai bastano temperature di -80°C ma in alcuni casi si utilizzano temperatura di anche -130°C per trasformare tutta l'austenite residua in martensite. Ma attenzione, la martensite che si forma è sempre TCC (tetragonale a corpo centrato) e quindi molto dura (circa 65 Hrc) ma fragile. E' quindi necessario almeno un rinvenimento per diminuire la durezza o comunque diminuire la distorsione della cella tetragonale ed eliminare gli stress.
Il rinvenimento multiplo, da effettuarsi anch'esso subito dopo lo spegnimento (e quando l'acciaio è ancora a circa-80°C, per evitare eventuali successivi stress termici) ha la funzione di far precipitare quantità sempre crescenti di carburi, diminuendo la quantità di C (ed eventualmente di altri elementi di lega) nell'austenite e quindi innalzare il suo limite Mf al di sopra quella ambiente, permettendo quindi la trasformazione dell'austenite residua in martensite. Anche questa è TCC e con il successivo rinvenimento (o i successivi, a seconda se ne facciano due, tre o addirittura quattro) rinvenimenti si distende la struttura tetragonale, con conseguente altra precipitazione di carburi.
E' interessante notare però che, sebbene in teoria ciò debba avvenire indipendentemente dalla T di rinvenimento, per alcuni acciai altolegati (come Viking, Sleipner, ecc) in realtà sarebbe bene effettuare tali rinvenimenti a temperature dell'indurimento secondario altrimenti, anche con i rinvenimenti multipli, la precipitazione di carburi non è tale da impoverire abbastanza l'austenite residua di C e altri elementi di lega e innalzare il limite Mf.
Con un rinvenimento singolo invece l'austenite residua non si trasforma. In alcuni casi (in particolare per gli acciai bassolegati) con un rinvenimento l'austenite residua si trasforma, in base alla T utilizzata e al tempo di permanenza, seguendo le trasformazioni indicate dalla curva TTT dell'acciaio.
Questa regola in teoria dovrebbe valere anche per gli altolegati ma in realtà pare non avvenire (almeno per gran parte degli altolegati da quanto ne so).
Il trattamento criogenico si esegue a -196°C e la struttura che si ottiene è formata da martensite più carburi finemente dispersi. Le variazioni di struttura dovute al criogenico però sono ancora in fase di studio e approfondimento e non sono ancora chiare.
Comunque tale trattamento aumenta la durezza e resistenza all'usura dell'acciaio, anche di molto, ma la sua efficacia varia da acciaio a acciaio .
Per fare un esempio,per i K100,MA5M e RWL sarebbe bene fare tre rinvenimenti ma bisogna tenere presenti che, visto il loro elevato tenore di Cr, sono soggetti alla fragilità di rinvenimento, noto anche come malattia di Krupp. Tale fragilità si ha per T di rinvenimento comprese tra i 420°-550°C circa, quindi se si rinvengono tali acciai a tali T è bene effettuare il riscaldamento e il raffreddamento il più velocemente possibile.
Cominciamo innanzitutto col dire che la "wear abrasion resistance", ovvero la "resistenza all' usura per abrasione" non è un parametro diretto della tenuta del filo, anzi:
per valutare la tenuta del filo bisogna osservare la quantità e il tipo di elementi di lega formatori di carburi, ovvero Mo, V, Cr, W, Ta, Ti, Nb, C (ovviamente) e altri elementi (tra cui N e Al). Tutti gli elementi formatori di carburi aumentano la resistenza al'usura, ma non tutti aumentano la tenuta del filo.

Diciamo che solitamente, tra questi, gli alliganti che si trovano più comunemente e in maggiori quantità sono, ad esclusione del carbonio, Mo, V, Cr e W.

Molibdeno e Vanadio formano carburi molto duri, migliorano la tenuta del filo, aumentano la durezza massima raggiungibile (sfruttando l'indurimento secondario) e migliorano anche la resistenza alla corrosione e ossidazione (il Vanadio precipita preferenzialmente rispetto al Cromo, aumentando quindi la quantità di cromo libero. Il molibdeno stabilizza la pellicola di ossido protettivo, invisibile ad occhio nudo, formata dal Cromo).

Il Cromo aumenta la resistenza all'usura ma non la tenuta del filo. Questo perchè tale elemento di lega aumenta il livello di microseghettatura del filo. Un filo maggiormente microseghettato tende ad ottundersi più velocemente, per motivi facilmente intuibili. Per questo un VG10 ad esempio ha una resistenza all'usura molto superiore ad un 1095 ma rispetto a quest'ultimo ha una tenuta del filo inferiore.
Se prendiamo ad esempio il K100 (è paragonabile all'aisi D3) la cui composizione è la seguente: C 2% Cr 11,5% Mn 0,35% Si 0,25%,la sua resilienza è bassa, minore di quella del 440C, quindi non è paragonabile ad un D2.Il K110 a 60 Hrc, rispetto a 58 Hrc, l'elesticità penso diminuisca ma la resilienza rimane pressochè invariata (sui 20 J).
Difficile dire con precisione a quale tenore di Cr inzia la microseghettatura. Insomma, il cromo la aumenta però essa può essere irrilevante entro certi limiti. Come scritto bisogna osservare tutta la composizione e non solo uno parte.
Ad esempio vi sono l' 8% e 5% chrome steel che, grazie alla loro particolare composizione, mantengono una tenuta del filo elevata-elevatissima.
Certo, quando poi si va sui tenori del 13-20% allora l'effetto della microseghettatura iniza a farsi sentire maggiormente.
Inoltre andrebbe valutata la quantità di cromo libero e di quello sotto forma di carburi.

Il Tungsteno(W) aumenta la tenuta del filo entro certi limiti. Per acciai ad alto tenore di C sarebbe bene che questo elemento fosse presente in modeste-basse quantità.Anch'esso aumenta la resistenza all'usura.

Ta, Nb, Ti formano anch'essi carburi che aumentano la tenuta del filo (e resistenza all'usura)

Il carbonio è ovviamente fondamentale perchè senza esso non si avrebbe ne la formazione della cella martensitica ne tantomeno la precipitazione di carburi (complessi e non). C'è da dire però che oltre lo 0,8% (secondo alcuni testi lo 0,5% ma sembra essere più corretto il primo valore) la cella martensitica pur continuando a deformarsi, non aumenta di durezza.

Inoltre per gli acciai ipereutettoidi non si ha la completa austenizzazione dell'acciaio (si rimane tra T comprese tra Ac1 e Acm) e quindi parte del carbonio rimane sottoforma di carburi indisciolti, ovvero cementite secondaria (e in alcuni casi ledeburite), aumentando comunque la resistenza all'usura e la tenuta del filo.

La cementite però (ovvero carburi di ferro, Fe3C) è meno dura dei carburi sopracitati.

Insomma, per valutare la tenuta del filo di un acciaio, nei tagli per scorrimento di materiale morbido, bisognerebbe osservare la quantita' di Mo, V, C Cr e degli altri elementi carburigeni, tenendo conto che il Cr ha una funzione "inversa", da questo punto di vista.

Sarebbe bene anche osservare il tipo di trattamento termico eseguito (non solo la durezza). Ad esempio se un acciaio altolegato è stato rinvenuto in zona di indurimento secondario o no. Quanti rinvenimenti sono stati eseguiti, quale temperatura di austenizzazione è stata usata, ecc.

Se infine si volesse discutere su quali fattori influenzano la tenuta del filo nel taglio per scorrimento di materiali coriacei e nei tagli ad impatto (tipo chopping) il discorso si fa molto più complesso.

Diciamo che è buona cosa che un acciaio mantenga valori elevati di resilienza a durezze "elevate". Ho messo elevate tra parentesi perchè comunque a durezze eccessive è comunque difficile mantenere valori veramente elevati e perchè anche l'elasticità tende a diminuire aumentando eccessivamente la durezza.

Un esempio per far capire meglio: per l'A2 si misurano valori di resilienza superiori a 60 Hrc rispetto a quelli misurati a 58 e 59 Hrc (tenendo costanti, ovviamente, i parametri di tempra e variando solamente la T di rinvenimento) ma l'elasticità, passando da 58 a 60 Hrc, diminuisce un po'.

Quindi sarebbe bene trovare sempre il giusto compromesso, tenendo conto anche che, per uno stesso acciaio, aumentando la durezza aumenta la tenuta del filo ma diminuisce la facilità di riaffilatura (in misura più o meno rilevante a seconda del'acciaio preso in esame).

L'aisi O1-Starret O1 è un acciaio più che buono. L'A2 a mio parere è migliore, ma questo nulla toglie all'O1.

Il CPM 3V è sicuramente meglio del'O1, ma sarebbe bene temprarlo a durezze di 58 Hrc

I Mad Dog hanno tempra differenziata, cosa che migliora la tenacità, anche se comunque è sempre il filo che impatta contro il materiale da tagliare e quindi è bene che anche l'acciaio del tagliente mantenga una discreta resilienza ed elasticità, anche perchè per lame corte o di media lunghezza (16-20 cm circa) la reale utilità della tempra differenziata potrebbe essere un buon argomento di cui discutere, anche se probabilmente difficilmente si riuscirebbe ad arrivare ad una conclusione chiara e univoca.
Diciamo che l'utilità di tale trattamento acquista maggiore efficacia e utilità all'aumentare della lunghezza (e in generale delle dimensioni) della lama.
La costa più tenera ed elastica tende a migliorare la tenacità della lama ma il tagliente rimane comunque a rischio fenomeni di chipping o cracking (dipende poi dall'acciaio utilizzato), quindi alla fine l'utilità di questo trattamento, per lame come quelle prese in esame, a mio parere è molto ridotta. Al massimo la costa più tenera e tenace potrebbe dare qualche beneficio per lo smorzamento delle vibrazioni ma, anche ammettendo che ciò avvenga, penso che tali benefici siano comunque molto limitati.
Abbassando la temperatura ci si avvicina alla temperatura di transizione duttile-fragile e quindi la resilienza diminuisce, ma in maniera diversa per ogni acciaio.
Comunque anche se la temperatura esterna è di -18 il coltello dovrebbe comunque avere una temperatura superiore, nonostante l'acciaio conduca bene il calore e comunque non per tutto il volume dello stesso.

In generale maggiore è la tenacità dell'acciaio a temperatura ambiente minore sarà la variazione della tenacità al diminuire della temperatura.
Per concludere il discorso sui trattamenti termici e la loro importanza (dato che l'argomento è saltato fuori) è ben dire anche che, per quando riguarda gli altolegati (e quindi anche gli acciai inossidabili martensitici) utilizzando T di rinvenimento basse si hanno i migliori valori di resistenza a corrosione e ossidazione (anche perchè è maggiore la quantità di Cr libero) mentre con le T di rinvenimento più elevate (in particolare quelle comprese nella zona di indurimento secondario) si ha una considerevole diminuzione della resistenza a corrosione e ossidazione ma maggiori valori di tenuta del filo e durezza (e, a parita' di durezza, per uno stesso acciaio, migliore tenacità).
Tra i vari carburi infatti precipitano anche quelli di cromo. Ciò riduce la quantità di cromo "libero", che è quello che concorre ad aumentare la resistenza a ossidazione e corrosione.

Se si fanno rinvenimenti a temperature più basse rispetto a quelle dell'indurimento secondario i carburi di Cr non precipitano (o comunque in quantità molto, molto minori) e quindi è maggiore la quantità di cromo libero presente nell'acciaio.

Altro fattore che influenza la resistenza a corrosione (per quanto riguarda la temperatura di tempra), in particolare negli acciai inossidabili martensitici è la temperatura di austenizzazione. Se ricordate utilizzando la temperatura di tempra più elevata (tra quelle ammissibili) si disciolgono nell'austenite una maggiore quantità di carburi e quindi dopo lo spegnimento si avrà una quantità di cromo libero superiore.
Proverò ora con qualche esempio a far capire meglio i concetti espressi precedentemente, soprattutto quelli riguardanti il trattamento termico.

Prendiamo in esame l'acciaio Sleipner (C 0,9% Cr 7,8% Mo 2,5% V 0,5% Si 0,9% Mn 0,5%).

Come si può notare dalla composizione la resilienza di questo acciaio dovrebbe essere più che buona, grazie al tenore di C e Cr non eccessivo, al buon contenuto di Si che aumenta l'elasticità e la tenacità se presente in quantità moderate), Mo e discreto tenore di V.

Facciamo qualche paragone tra il nostro acciaio (Sleipner), l'A2 (Rigor) e il D2 (Sverker 21).
Valutando la sua resistenza al chipping (ovvero alla "scheggiatura") esso si pone tra D2 (Sverker 21) e A2 (Rigor):
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Nonostante il D2 abbia una resistenza all'usura superiore allo Sleipner e al'A2 (vedi grafico sottostante)la tenuta del filo di quest'ultimi due acciai risulta superiore a quella del D2. I motivi, dopo quanto scritto nei precedenti messaggi, dovrebbero essere ormai facilmente intuibili. Sleipner e A2 hanno un tenore di Cr molto inferiore rispetto al D2 e, per lo Sleipner, un maggiore contenuto di Mo, compensando ampiamente il minor contenuto di C:
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Osserviamo le curve di rinvenimento di questo acciaio:
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Si può ntare che all'aumentare della temperatura di austenizzazione (ovvero di tempra) si registrano i minori valori di durezza dopo lo spegninmento. Questo, sempre dal grafico, è giustificato da fatto che aumentando la T di austenizzazione aumenta la percentuale di austenite residua.

Tale fenomeno è dovuto a diversi fattori:

-migliore solubilizzazione dei carburi e elementi di lega all'itnerno della fase gamma (austenite) alle più alte teperature di tempra. Come forse ricordate la maggior parte dei principali elementi di lega, a parte il Co, abbassano il limite Ms (inizio trasformzione martensitica) e Mf (fine trasformazione martensitica). Quindi aumentando la quantità di elementi di lega in soluzione nell'austenite si abbasserà ulteriormente il limite Ms e Mf.

-a parità di mezzo di spegnimento, utilizzando T di tempra più elevate, aumenta il tempo che l'acciaio impega ad arrivare a temperatura ambiente. Questo tende a rendere più stabile l'austenite (per far capire meglio perchè dovrei introdurre le curve CCT, ma per adesso mi sembra poco opportuno).
Ne risulta quindi che più veloce è il raffreddamento minore arà la quantità di austenite residua presente dopo lo spegnimento, a parte alcuni acciai da utensili e speciali in cui per raffreddamenti troppo drastici si misura un aumento di austenite residua e qindi una diminuzione di durezza (ad esempio per spegnimento con azoto liquido, da non confondere però con il trattamento criogenico).

IMPORTANTE: quando parlo di maggiore o minore velocità di raffreddamento intendo comunque velocità superiori a Vs, ovvero la velocità alla quale si ottiene una struttura totalmente martensitica (a parte una quantità variabile di austenite residua).

Sempre osservando le curve di rinvenimento delo Sleipner si nota che:

-per entrambi i tre campioni di Sleipner, austenizzati a temperature differenti, la quantità di austenite residua rimane pressochè costante per le le varie temperature di austenizzazione rinvenendo alle temperature inferiori il picco nella zona dell'indurimento secondario (solo nel caso del campione austenizzato a 1030°C si nota una graduale ma lenta diminuzione dell'austenite a partire da 350°C circa), nonostante il grafico si riferisca ad un doppio rinvenimento.

- per tutti e tre i campioni la quantità di austenite residua diventa pari a zero rinvenendo alla temperature di rinvenimento (rinvenimento doppio) che interessa il picco di durezza nella zona di indurimento secondario, proprio perchè si ha la completa precipitazione dei carburi (e questo comporta quindi un impoverimento di C e degli altri elementi di lega nell'austenite residua, con conseguente innalzamento della temperatura di inizio e fine trasformazione martensitica, Ms e Mf).


In queste curve di rinvenimento si vede chiaramente che a partire dalla temperatura di rinvenimento di 450°C circa si ha, per tutti e tre i campioni austenizzati a temperature diverse, un aumento di durezza, dovuto proprio allla precipitazione dei carburi duri in maniera preferenziale rispetto alla cementite.

Vi ricordo inoltre che quando inizia tale precipitazione si passa dalla struttura martensitica (tetragonale) a quella ferritica (cubica a corpo centrato). Questo proprio perchè precipitano i carburi, impoverendo la martensite di C (tale struttura formata da una marice ferritica in cui sono disperse particelle di carburi è detta martensite rinvenuta).

Altra cosa da notare: per il campione austenizzato alla temperatura più alta si registrano i maggiori valori di durezza rinvenendo nella zona di indurimento secondario ( osservanto il picco in tale zona). Perchè? Perchè se ben ricordate la solubilizzazione degli elementi di lega (anche quelli formatori di carburi) è migliore (rispetto a temperature di tempra più basse) e quindi nell'intervalllo di indurimento secondario si ha la precipitazione di una maggior quantità di carburi duri, omogeneamente distribuiti e più o meno fini.

Quindi, per sfruttare la massima durezza di un acciaio altolegato (contente buoni-elevati tenori di elementi di lega carburigeni) è necessario utilizzare le T di tempra più elevate (tra quelle possibili) e rinvenire nell'intervallo di temperature dell'indurimento secondario.

Infine dall'osservazione del grafico si può osservare come con il sottoraffreddamento (da esguire dopo lo spegnimento e prima del rinvenimento) la quantità di austenite residua si azzera (proprio perchè si porta l'acciaio al di sotto del limite Mf, che per gli altolegati e per i bassolegati con C>0,7% è al di sotto degli 0°C).
Immagine
Dallo studio di queste tabelle per ogni acciaio, si possono fare le seguenti considerazioni:
Il WP7V, S1 e S5 abbiano un'elevata resilienza che si mantiene anche a durezze di 58-59 Hrc. Anche per l'S7 e il CPM 3V si sono registrati valori di resilienza molto elevati per il primo si ha una caduta rilevante della tenacità a 58 Hrc, mentre per il secondo la caduta si ha a 59 e 60 Hrc.
Il K100, a 60 Hrc, rispetto a 58 Hrc, l'elasticità penso diminuisca ma la resilienza rimane pressocchè invariata (sui 20 J).
La prova di resilienza (quelle a cui faccio riferimento io sono misurate con test Charpy con intaglio a C) viene solitamente fatta a temperatura ambiente, se non è fatto esplicitamente riferimento alle temperature di prova.
l'N690 non ha ECCEZIONALI doti meccaniche e di taglio.

La sua resilienza infatti è paragonabile a quella di un 440C a parità di durezza, ovvero, a 58 Hrc, circa 22 J.

Alla stessa durezza i valori registrati per il D2 sono di 30-31 J, per l'A2, O1, O2 43 J circa, S7 a 57 Hrc 165 J, per il CPM 3V 113 J, S90V 26 J e S30V e CPM 154 dovrebbero essere sugli stessi livelli del D2.

Anche le doti di taglio non sono nulla di eccezionale. Per fare un esempio sono inferiori rispetto quelle di ATS34, RWL 34, CPM S30V.

L'N690 difatti è un 440C modificato in cui la principale variazione nella composizione chimica risulta l'aggiunta di cobalto che aumenta la resistenza all'ossidazione ed anche la tenuta del filo ma in tal senso non apporta certo un contributo molto elevato.

Difatti il Co non forma carburi ma, se presente in elevate quantità (come negli Hss) stabilizza i carburi formati dagli altri elementi di lega carburigeni (Mo, W, V, Nb, Cr, ecc).

Il Carbon V e lo 0170-6C, a quanto ne so, sono lo stesso acciaio. Corrispondono al 50100B (se bene ricordo).E' un acciaio al carbonio con tenuta del filo più che buona e una buona tenacità (penso superiore a quella del 1095 ma non ho dati certi in merito).

E' quindi un buon acciaio per coltelli da campo, anche se per quelli di grandi dimensioni (24-25 cm di lama) si potrebbe optare per un 5160 (sempre rimanendo tra i bassolegati), più resiliente.

Il C70 corrisponde all'aisi 1070. Quindi ha un tenore di C leggermente inferiore rispetto al 1095.

Questo si traduce in minore tenuta del filo ma migliore tenacità anche se comunque entrambi gli acciai garantiscono prestazioni davvero buone.
Infine, sarebbe interessante osservare come la dimensione dei carburi vada ad influenzare la tenuta del filo, anche per uno stesso acciaio.

Ad esempio per il K360 si possono ottenere 62 Hrc utilizzando tre temperatura di rinvenimento diverse.
Immagine

A 70°C circa sarà formato da martensite TCC e da carburi epsilon o X, a 480°C circa la struttura sarà composta da una matrice ferritica in cui sono dispersi finemente carburi secondari (di V, Mo, Cr e Nb) e cementite sottoforma di placchette.

A 520°C circa l'acciaio sarà formato da una matrice ferritica in cui sono dispersi i carburi secondari e la precipitazione di quest'ultimi
sarà completa.

Quindi:

Nel primo caso i 62 Hrc sono dati dalla martensite la cui durezza è diminuita per la precipitazione dei carburi X e epsilon e la conseguente diminuzione della distorsione della cella tetragonale.

Nel secondo caso la durezza di 62 Hrc è data dalla presenza dei carburi secondari finemente dispersi. La precipitazione non è ancora completa però.

Nel terzo caso i 62 Hrc sono dovuti al fatto che nonostante la precipitazione dei carburi sia completa essi hanno iniziato ad ingrandirsi per coalescenza e i carburi pù grandi tendono a rompersi più facilmente rispetto a quelli più piccoli.

Sarebbe interessante quindi osservare quale tra queste ultime due strutture sia quella che garantisce la migliore tenuta del filo. Quella con una minore percentuale di carburi, ma più fini o quella con più carburi ma più grossolani?

(Una precisazione: in realtà in tutti e tre i casi saranno presenti anche carburi semplici o complessi dovuti all'impossibilità di austenizzare completamente questo acciaio).
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