Riconoscimento dei Legni

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Aldebaran
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Riconoscimento dei Legni

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La conoscenza dei metodi per identificare il legno delle diverse specie botaniche non riguarda soltanto gli studiosi e gli specialisti di anatomia ma anche estese categorie di tecnici e di operatori commerciali che possono servirsene sia per controllare e collaudare forniture ed opere realizzate sia come guida nei casi più difficili e meno comuni, rei quali non sono sufficienti la pratica e la loro esperienza corrente.

Sarebbe, infatti, inutile conoscere in dettaglio proprietà, dati tecnici, impieghi e costi dei vari legnami, se poi si dovesse dubitare che l'opera o la fornitura siano state eseguite proprio con il legno della specie prevista e non con un altro, a prescindere dal fatto che esso possa essere più o meno simile a quello effettivamente indicato. È indubbio che il riconoscimento empirico derivante dall'osservazione dell'aspetto macroscopico del legno, sebbene possa essere fonte di errori, costituisce, per chi abitualmente ha a che fare con tale materiale, il principale sistema di identificazione, in quanto semplice ed immediato.

Il metodo scientifico, basato per lo più sull'analisi di caratteristiche morfologiche, anatomiche e fisiche, tuttavia, è l'unico che possa guidare sistematicamente il tecnico e lo studioso facendogli rilevare quell'insieme di caratteri differenziali di cui il pratico quasi inconsciamente si serve.

Il riconoscimento del legno può essere conseguito indirettamente tramite l'identificazione dell'albero da cui esso proviene grazie, ad esempio, all'analisi di alcune caratteristiche botaniche o morfologiche. È noto, infatti, che il fiore costituisce il fattore chiave per il riconoscimento sistematico delle piante in piedi ma, d'altra parte, esso permane sulla pianta per un tempo limitato. In altri casi, ci si può basare su alcune particolarità delle foglie, dei frutti, delle gemme, del profilo della chioma o del cimale o sull'aspetto esterno della corteccia (ritidoma). A questo proposito, ad esempio, tra le Conifere, il Larice, l'Abete rosso ed alcune porzioni del fusto di Pino silvestre presentano un ritidoma caratteristico mentre, tra le Latifoglie, le specie facilmente riconoscibili per tale particolarità sono ancor più numerose potendo annoverare tra esse la Sughera, la Betulla, il Ciliegio, il Platano, il Castagno, il Faggio, il Noce, ecc..

L'identificazione, inoltre, può giovarsi di alcune informazioni accessorie e, più in particolare, di toponimi, della diffusione della specie botanica nel luogo ove il campione è stato prelevato, della conoscenza di alcune caratteristiche tecnologiche come la massa volumica e la durezza nonché degli impieghi cui un certo legno viene tradizionalmente adibito. In altri casi è poi possibile pervenire al riconoscimento del legno mediante un'analisi chimica dalla quale si può rilevare, ad esempio, la presenza di particolari sostanze contenute nei tessuti xilematici, ovvero usufruire della facoltà che hanno certi legni di evidenziare variazioni cromatiche per effetto di taluni reagenti.

Nella maggioranza dei casi, tuttavia, ci si trova a dover affrontare il riconoscimento del legno sotto forma di vari assortimenti (tondame o toppi depositati all'imposto, presso le banchine portuali o sul piazzale delle industrie di trasformazione), semilavorati (travame, segati, ecc..), manufatti finiti o in opera (componenti di strutture, reperti lignei, ecc..), nei quali le suddette indicazioni non sono presenti o rilevabili.

In tale contesto, la conoscenza della struttura anatomica del legno delle varie specie e l'esame microfotografico delle sezioni anatomiche principali, concentrando l'attenzione su alcune particolarità che il legno presenta, permettono spesso di giungere alla sua identificazione anche senza aver necessariamente maturato nozioni botaniche approfondite.

Se l'identificazione di alcuni legni è abbastanza semplice, soprattutto se limitata a quelli più comuni ed a loro determinate provenienze, il problema diviene più complesso quando l'indagine si estende ad un numero maggiore di specie. La soluzione è poi ancor più difficile, e talora incerta per gli stessi laboratori specializzati, quando si tratti di riconoscere specie esotiche o della distinzione tra legni poco diversi tra loro.

Mentre alcuni legni, infatti, evidenziano caratteristiche macroscopiche tali da renderne immediato il riconoscimento con un'attenta osservazione ad occhio nudo (come, ad esempio, il Faggio), ciò non è sufficiente per la maggior parte dei legnami, soprattutto di quelli tropicali, per i quali l'analisi macroscopica deve essere accompagnata da quella microscopica onde poter sperare di pervenire, se non sempre alla sicura identificazione della specie, almeno al genere di appartenenza.

A complicare maggiormente le cose interviene la variabilità dovuta alla natura biologica del legno, in conseguenza della quale esso può presentare caratteristiche diverse anche nell'ambito della stessa specie.

Si possono riscontrare, infatti, variazioni della struttura del legno dovute sia a fattori ecologici quali il clima, il suolo, ecc.., sia a fattori interni dipendenti dall'età dell'albero e dall'altezza lungo il fusto in corrispondenza della quale è stato prelevato un certo campione. Caratteristiche come, ad esempio, l'ampiezza degli anelli di accrescimento ed il rapporto fra legno primaticcio e tardivo possono essere solo indicative in quanto dipendono più dall'influenza della stazione in cui sono cresciuti gli alberi che non da particolarità intrinseche alla specie legnosa.

All'aumentare dell'età non si assiste soltanto al fenomeno della duramificazione della parte più interna del tronco ma si evidenziano, ugualmente, variazioni dimensionali per quanto riguarda il diametro dei vasi, la lunghezza delle fibre e delle tracheidi. Inoltre, specie presentanti raggi eterocellulari nel legno giovanile possono avere raggi omocellulari nel legno adulto e, con l'età, può variare anche la larghezza dei raggi (espressa in numero di file di cellule parenchimatiche di cui sono composti). Infine, alcune delle caratteristiche più evidenti o facilmente rilevabili quali il colore, la venatura e la massa volumica possono variare alquanto anche all'interno della stessa specie, in dipendenza della stazione ove la pianta è cresciuta, della stagionatura, del piano di taglio, ecc..

Per una corretta identificazione è opportuno che i campioni provengano da piante adulte e che siano stati prelevati non troppo vicino al centro del fusto né in prossimità dell'inserzione di rami, avendo cura che non presentino tessuti cicatriziali, tasche di gomma o resina ovvero facendo attenzione che il loro legno risulti, da un punto di vista strutturale, del tutto normale.

Solo raramente un dato carattere è così tipico che la sua sola presenza consente l'immediata identificazione della specie; normalmente, infatti, è dall'esame di vari caratteri che è possibile giungere, gradualmente e per esclusione, al riconoscimento del legno.

Se è possibile esaminare un'intera sezione trasversale di un albero, occorre innanzi tutto osservare se vi è una netta differenza di colore fra la zona più interna, di legno più vecchio e "maturo", che costituisce la porzione di "durame" e la zona più esterna, di più recente formazione, dell'alburno". Nel considerare questo aspetto bisogna però tenere presente che, anche in piante che presentano una duramificazione marcata dal punto di vista cromatico, tale colorazione comincia ad aver luogo solo quando la pianta non è più giovane, e che, con l'età, varia il rapporto fra durame ed alburno. Inoltre, alcune specie, come il Faggio, il Frassino ed il Pioppo, possono presentare, saltuariamente, la parte centrale del tronco ben differenziata (tale particolarità è detta "cuore rosso" nel Faggio, "cuore nero" nel Frassino e "cuore bruno o verdastro" nel Pioppo).

Infine, nell'osservare la testata di un albero abbattuto di recente, occorre fare attenzione a non confondere la colorazione naturale del legno con quella dovuta all'ossidazione dei succhi che si trovano nell'alburno, per cui può verificarsi il caso che la zona esterna appaia più scura di quella interna, ma è sufficiente asportare una sottile rotella perché si possa ripristinare la reale situazione cromatica.

A volte, per l'identificazione possono risultare utili l'olfatto (fra i legni "nostrani" caratteristico e l'odore del legno di Cipresso), anche se il legno perde gran parte del suo odore con la stagionatura, il gusto, in quanto sapori particolari possono essere conferiti al legno da sostanze solubili mentre l'odore gli deriva da sostanze volatili, la tessitura, cioè la grandezza degli elementi cellulari costituenti i tessuti, la lucentezza ed il colore che però tende a variare con la stagionatura.

Un tronco, poi, può essere tagliato secondo piani perpendicolari al suo asse di accrescimento, oppure paralleli ad esso e passanti o meno per il centro della sua sezione trasversale, dando origine a sezioni e superfici rispettivamente trasversali, longitudinali radiali e longitudinali tangenziali.

Poiché, inoltre, il legno è un materiale eterogeneo, formato cioè da cellule orientate in modo ben definito, la sua struttura si presenterà diversa in ognuno dei tre piani, per cui è sempre necessario specificare il tipo di sezione che si sta' analizzando.

Preparazione dei campioni

Spesso, per giungere al riconoscimento di un certo legno, soprattutto nel caso delle Latifoglie, è sufficiente una comune lente i cui ingrandimenti variano da 3x a 10x. Nella maggior parte dei casi è tuttavia necessario ricorrere all'aiuto del microscopio ottico che permette ingrandimenti da 25x fino ad un massimo di 1000-1700x, anche se, per il riconoscimento dei principali legni che vegetano spontaneamente in Europa sono necessari ingrandimenti molto minori (dell'ordine massimo di 400x) che si possono ottenere con microscopi normalmente reperibili in commercio a prezzi accessibili.

Per una razionale osservazione macroscopica, soprattutto se viene fatto uso di una lente di ingrandimento, è necessario ravvivare la superficie trasversale mediante un coltello ben affilato, o meglio un lametta, avendo cura, inoltre, che detta superficie sia ben illuminata.

Per l'esame microscopico è necessario, invece, poter disporre di sottilissime sezioni di legno che, mentre nei laboratori vengono ottenute con un particolare apparecchio, il microtomo, con un po' di pratica, si possono ricavare servendosi di semplici lamette (meglio se di tipo industriale che sono più rigide di quelle comunemente usate per radersi).

Per agevolare l'operazione di taglio e per fare uscire l'aria dalle cavità del legno, il campione, che generalmente viene ridotto alla forma di un cubetto di circa 1 cm di lato, è posto a bollire per un certo tempo in un recipiente pieno d'acqua, finché non affonda. La procedura, poi, può essere accelerata trasferendolo per alcune volte dall'acqua bollente in acqua fredda che viene poi portata nuovamente ad ebollizione.

In seguito a tale trattamento, con la maggior parte dei legni di Conifere e di Latifoglie, è possibile ricavare facilmente sezioni sottili mentre, nel caso di legni particolarmente duri, si può cercare di ammorbidirli ulteriormente mediante, ad esempio, i seguenti metodi:

* ponendo i campioni, tolti dall'acqua bollente, in una soluzione al 50% di alcool;
* mettendoli in una soluzione composta in parti uguali di acido acetico ed acqua ossigenata a 20 volumi che va tenuta per 30-60' in stufa a 60°C.

Per l'analisi momentanea di una sezione non è necessario trattarla con sostanze coloranti, ma è sufficiente porla su un vetrino portaoggetti aggiungendovi una goccia d'acqua o meglio, poiché l'acqua evapora molto rapidamente rendendo il preparato non più osservabile dopo pochi minuti, usando un mezzo meno volatile come, ad esempio, una soluzione di acqua e glicerina al 50% che permette anche una migliore osservazione in quanto ha un elevato indice di rifrazione.

Per poter effettuare un'accurata analisi delle strutture cellulari del legno, occorre invece evidenziarle mediante idonee colorazioni e poi fissare le sezioni fra due vetrini ricorrendo all'impiego di qualche goccia di balsamo del Canada o di Euparal. Tra le varie colorazioni utilizzate nei laboratori, una di quelle che meglio permettono di osservare la struttura microscopica del legno è la "colorazione al verde iodio" (da: Normand, Manuel d'identification des bois commerciaux).

Con essa, le sezioni microscopiche vengono inizialmente poste per circa mezz'ora in ipoclorito di sodio - in maniera da eliminare i numerosi depositi di amido, gomme od altre sostanze -, successivamente, vengono lavate in vari bagni di acqua distillata e, dopo un passaggio di qualche secondo nell'acido acetico, vengono lasciate alcuni minuti a bagno nel colorante, che è una soluzione composta di 1 g di verde iodio, disciolto in 30 cc di acqua distillata, a cui vengono aggiunti 70 cc di alcool etilico. Infine, per eliminare l'eccesso di colorante e disidratarle completamente, le sezioni vengono immerse in vari bagni di alcool etilico, l'ultimo dei quali formato da alcool etilico assoluto e, dopo un ultimo passaggio in xilene (o xilolo), vengono montate sui vetrini con balsamo del Canada.

Tale tipo di colorazione elimina, però, dalle cellule i loro contenuti, che in certi casi possono risultare utili ai fini del riconoscimento del legno, per cui, a volte, conviene usare la "colorazione alla safranina" che, lasciando inalterati i contenuti cellulari, colora in rosso vivo tutti i tessuti legnosi.

In tal caso le sezioni vengono poste per qualche istante in una soluzione di parti uguali di safranina (1% di safranina in polvere sciolta in alcool etilico a 50°) e acqua di anilina (5 g di anilina sciolti in 85 cc di acqua distillata a cui si aggiungono 10 cc di alcool etilico). Successivamente vengono passate nell'alcool cloridrico (99 cc di alcool a 50° ed 1 cc di acido cloridrico), per eliminare l'eccesso di colorante, poi nell'alcool assoluto, nello xilene ed, infine, vengono montate sui vetrini con il balsamo del Canada.



Misurazione degli elementi legnosi

L'unità di misura utilizzata per le dimensioni delle cellule del legno al microscopio è il micron o μm (pari a 10-3 mm).

Per quanto riguarda le dimensioni delle cellule del legno, pur risultando spesso di utile valore diagnostico, va tenuto presente che esse variano considerevolmente anche all'interno delle singole specie (in funzione, ad esempio, della zona dell'albero da cui è stato ricavato il campione), per cui i loro valori devono rappresentare la media di un certo numero di misurazioni.

Come già detto, infatti, le tracheidi hanno una lunghezza variabile, mediamente, da 3,5 a 5 mm e diametro compreso fra 5 ed 80 μm mentre gli elementi vasali delle Latifoglie risultano alquanto più corti (0,21-1,0 mm) con un diametro che può variare da meno di 50 ad oltre 300 μm.

A volte però risulta utile poter dare, già ad una prima osservazione con una lente, un giudizio sulle dimensioni degli elementi legnosi. Per rendere agevole e rapida tale operazione, da parte di vari Istituti di ricerca sono stati preparati appositi trasparenti, da sovrapporre alla superficie del campione in esame, che riportano figure geometriche di superficie nota; nel caso del modello preparato dal C.T.F.T. (Centre Technique Forestière Tropical), oltre ad un cerchio della superficie di 2 mm2 ed un quadrato di 5 mm2 sono state, ad esempio, tracciate alcune barrette di spessore crescente da 0,1 a 0,4 mm.

Osservazioni più precise, anche se richiedono molto tempo, vengono effettuate al microscopio con l'aiuto di un oculare reticolato o a vite micrometrica.

Se occorre, invece, misurare la lunghezza delle fibre legnose o delle tracheidi, i rilievi non possono venir compiuti con esattezza sulle sezioni microscopiche longitudinali, per cui si usano preparati particolari, dove il legno si trova disgregato nei singoli componenti anatomici. In tal caso, da un blocchetto di legno, vengono ricavate piccole schegge che saranno poste a macerare in una soluzione di acido acetico ed acqua ossigenata. Successivamente, tale materiale viene montato su vetrini come nel caso delle normali sezioni e le misurazioni possono venir eseguite o con l'aiuto di un microscopio adeguatamente attrezzato oppure, soprattutto se si devono eseguire molte misurazioni, con l'aiuto di un fibroscopio, sullo schermo del quale vengono proiettate le immagini ingrandite degli elementi cellulari, permettendo così una loro facile misurazione con il semplice ausilio di un regolo graduato.
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