Forgiatura tamahagane
Inviato: 17/04/2010, 19:00
Le tecniche di forgiatura sviluppate dai fabbri giapponesi sono decisamente uniche. Le caratteristiche distintive di queste opere d'arte sono sempre state la rigidità, l'infrangibilità e l'incredibile capacità di tagliare; il fascino della spada giapponese sta proprio nel soddisfacimento di tutti questi requisiti apparentemente l'uno in contrasto con l'altro (l'infrangibilità infatti dipende dal fatto che l'acciaio deve essere morbido, mentre l'affilatezza dipende dal suo essere duro. Ma se è troppo duro la spada può spezzarsi, e se è troppo morbido può tagliare poco).
Le parti più caratteristiche e distintive del processo di forgiatura posso essere schematizzate come segue:
1) La lavorazione di una parte esterna (kawagane), molto dura e ad alto contenuto di carbonio, formata piegando e battendo lo stesso pezzo di metallo per moltissime volte. Questo processo elimina impurità come i fosfati e i solfati e produce un numero elevatissimo (anche un milione, anche se di solito si aggirano attorno ai trentamila) di strati di metallo, rafforzando la lama.
2) La lavorazione di un'anima più morbida (shingane), creata usando un acciaio dal basso contenuto di carbonio mischiato al ferro utilizzato per i coltelli da cucina. Il tutto viene battuto numerose volte per ridurre il peso ed inserito all'interno del kawagane.
3) Il fabbro avvolge il kawagane attorno allo shingane e continua ad arroventare (fino a 1100°C) e battere il tutto (fino ad una della temperatura fino circa a 700°C, poi la spada viene nuovamente arroventata), creando una lunga sbarra d'acciaio rettangolare che viene lavorata a porzioni di circa quindici centimetri per volta.
In seguito, taglia un pezzo triangolare da questa lunga sbarra e, lavorando ancora con fornace e martello sulla parte tagliata, forma il kissaki, la punta della spada.
Continuando ad arroventare e a battere la sbarra di metallo, il fabbro ne assottiglia un lato
(formando il tagliente), imprime la forma e la curvatura alla lama e determina l'uniformità della distribuzione del metallo in essa.
Successivamente, l'intera lama viene coperta con una mistura di argilla e cenere di carbone chiamata yakibatsuchi. Questa mistura viene poi rimossa parzialmente seguendo il profilo desiderato e la lama viene messa (con la cera sopra) nella fornace (la mistura formerà il disegno dell'hamon, il profilo visibile del tagliente che spesso permette l'identificazione dello spadaio).
L'acciaio inizia ad arroventarsi e ad un certo punto il fabbro esperto si accorge dal colore
della lama che è stata raggiunta la temperatura adatta. In quel momento prende la lama e la immerge brevemente nell'acqua. Questo è il momento più delicato dell'intero processo di forgiatura, e il fabbro deve possedere, oltre ad una tecnica eccellente, un'affinità
spirituale con la lama. Ci sono molte tradizioni segrete che riguardano la giusta temperatura dell'acqua e del fuoco, ma il fattore decisivo è rappresentato dalla temperatura della lama al momento dell'immersione nell'acqua. Se la temperatura non è quella giusta si possono produrre crepe nell'acciaio, oppure la lama può piegarsi troppo.
Infine, il fabbro dà gli ultimi ritocchi al nagako (la parte finale non lavorata della lama, quella che va ad incastrarsi nell'impugnatura, la tsuka), realizzando il mekugi ana (il buco che permette di fissare il nagako alla tsuka) e firmando la sua opera.
Eventualmente realizzerà anche l'horimono, un'incisione apposta sulla lama e raffigurante vari tipi di soggetti (canne di bambù, fiori di ciliegio, draghi, divinità, caratteri in sanscrito o altri richiami al Buddismo).
L'horimono ha origini molto antiche, ed oltre al significato religioso e decorativo ha anche la funzione di alleggerire la lama.
A questo punto il compito del fabbro finisce, e si passa alle operazioni di politura.
Le parti più caratteristiche e distintive del processo di forgiatura posso essere schematizzate come segue:
1) La lavorazione di una parte esterna (kawagane), molto dura e ad alto contenuto di carbonio, formata piegando e battendo lo stesso pezzo di metallo per moltissime volte. Questo processo elimina impurità come i fosfati e i solfati e produce un numero elevatissimo (anche un milione, anche se di solito si aggirano attorno ai trentamila) di strati di metallo, rafforzando la lama.
2) La lavorazione di un'anima più morbida (shingane), creata usando un acciaio dal basso contenuto di carbonio mischiato al ferro utilizzato per i coltelli da cucina. Il tutto viene battuto numerose volte per ridurre il peso ed inserito all'interno del kawagane.
3) Il fabbro avvolge il kawagane attorno allo shingane e continua ad arroventare (fino a 1100°C) e battere il tutto (fino ad una della temperatura fino circa a 700°C, poi la spada viene nuovamente arroventata), creando una lunga sbarra d'acciaio rettangolare che viene lavorata a porzioni di circa quindici centimetri per volta.
In seguito, taglia un pezzo triangolare da questa lunga sbarra e, lavorando ancora con fornace e martello sulla parte tagliata, forma il kissaki, la punta della spada.
Continuando ad arroventare e a battere la sbarra di metallo, il fabbro ne assottiglia un lato
(formando il tagliente), imprime la forma e la curvatura alla lama e determina l'uniformità della distribuzione del metallo in essa.
Successivamente, l'intera lama viene coperta con una mistura di argilla e cenere di carbone chiamata yakibatsuchi. Questa mistura viene poi rimossa parzialmente seguendo il profilo desiderato e la lama viene messa (con la cera sopra) nella fornace (la mistura formerà il disegno dell'hamon, il profilo visibile del tagliente che spesso permette l'identificazione dello spadaio).
L'acciaio inizia ad arroventarsi e ad un certo punto il fabbro esperto si accorge dal colore
della lama che è stata raggiunta la temperatura adatta. In quel momento prende la lama e la immerge brevemente nell'acqua. Questo è il momento più delicato dell'intero processo di forgiatura, e il fabbro deve possedere, oltre ad una tecnica eccellente, un'affinità
spirituale con la lama. Ci sono molte tradizioni segrete che riguardano la giusta temperatura dell'acqua e del fuoco, ma il fattore decisivo è rappresentato dalla temperatura della lama al momento dell'immersione nell'acqua. Se la temperatura non è quella giusta si possono produrre crepe nell'acciaio, oppure la lama può piegarsi troppo.
Infine, il fabbro dà gli ultimi ritocchi al nagako (la parte finale non lavorata della lama, quella che va ad incastrarsi nell'impugnatura, la tsuka), realizzando il mekugi ana (il buco che permette di fissare il nagako alla tsuka) e firmando la sua opera.
Eventualmente realizzerà anche l'horimono, un'incisione apposta sulla lama e raffigurante vari tipi di soggetti (canne di bambù, fiori di ciliegio, draghi, divinità, caratteri in sanscrito o altri richiami al Buddismo).
L'horimono ha origini molto antiche, ed oltre al significato religioso e decorativo ha anche la funzione di alleggerire la lama.
A questo punto il compito del fabbro finisce, e si passa alle operazioni di politura.