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Aldebaran
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Buonasera a Tutti!

Carlo di Napoli è un membro della Nostra Comunità. Fa parte anche di Unione Nazionale Vittime. Combattono per far cambiare le leggi a favore delle vittime delle aggressioni. Al momento stanno attuando una raccolta di firme. Per chi non ricordasse la sua vicenda, Egli è il Capotreno a cui degli aggressori quasi staccarono un braccio con un machete.
Non ha avuto ancora nessun risarcimento.
Ma andiamo con ordine: il capotreno Carlo Di Napoli e il collega Riccardo Magagnin sono i due dipendenti di Trenord che nel giugno 2015 furono violentemente aggrediti da un gruppo di salvadoregni della gang MS13 alla fermata di Villapizzone. I responsabili dell'attacco sono stati ritenuti colpevoli di tentato omicidio il 22 marzo marzo. Sentenza della Cassazione. Oltre alla condanna è stata determinata una provvisionale di 50mila euro a favore di Di Napoli e 20mila euro a favore di Magagnin. Cifre che vanno riquantificate in sede civile. Ma poco cambia: tanto i 3 aggressori si dicono nullatenenti.

Doppia beffa

La prima mossa spetta ai legali del capotreno, i quali dovranno dimostrare che i condannati sono nullatenenti. La precisazione portebbe così lo Stato a doversi fare carico delle spese. Peccato che qui scatti la seconda beffa: "gli indennizi regolati dalla legge 122 del 2016 per le vittime di reati violenti o per i loro familiari si traducono in una sorta di elemosina di Stato: massimo 8.200 euro per l' omicidio, 4.800 euro per lo stupro, non più di 3.000 euro per gli altri reati", come scrivono su Il Giorno. Inoltre la somma viene elargita "per la rifusione di spese mediche e assistenziali" e solo alla vittime con un reddito annuo non superiore a 11mila euro. Di Napoli rischia di doversi affidare alla Corte europea dei diritti dell'uomo, affrontando a una direttiva "mai attuata pienamente". E il rischio è di essere beffato ancora.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 10757.html" onclick="window.open(this.href);return false;
Vi terrò informati perché vorrei che facessimo sentire attivamente la Nostra vicinanza al Membro della Nostra Comunità Carlo di Napoli.
Grazie e buon proseguimento,
Andrea
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Aldebaran
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Re: Unione Nazionale Vittime

Messaggio da Aldebaran »

Buongiorno a Tutti!

sto raccogliendo delle firme a favore di una Petizione promossa dall’ Unavi Unione Nazionale Vittime e da Carlo di Napoli, membro del Nostro Forum. Le firme sono destinate
Al Parlamento Europeo ed alla Commissione Europea per denunciare la violazione e la negazione dei principi di diritto comune europeo di solidarietà, di uguaglianza da parte dell’Italia posti alla base della Direttiva 80 del 2004 e per richiedere una nuova direttiva relativa all’indennizzo delle vittime di reato


Per informazioni e ricevere il documento in word da firmare e spedire al Parlamento Europeo contattatemi via Pm. grazie.

Petizione al Parlamento Europeo

per denunciare la violazione e la negazione dei principi di diritto comune europeo di solidarietà, di uguaglianza da parte dell’Italia posti alla base della Direttiva 80 del 2004 e per richiedere una nuova Direttiva relativa all’indennizzo delle vittime di reato
Lo Stato Italiano, in base alla direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 2004/80/CE del 29 aprile 2004 relativa all’indennizzo delle vittime di reato, deve garantire ai cittadini e agli stranieri, vittime di reati intenzionali e violenti (omicidi dolosi, lesioni dolose, violenze sessuali) commessi sul territorio italiano, un indennizzo equo e adeguato in considerazione del fatto che spesso l’autore del reato rimane sconosciuto o non ha risorse economiche per poter risarcire la vittima dei danni arrecati o, nel caso di morte, ai familiari superstiti.
L’art. 12 della direttiva europea stabilisce infatti come “tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato alle vittime” (par.2) e l’art. 18 specifica che “gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 2006, fatta eccezione per l’articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1° luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione”.
La Commissione Europea ha promosso nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione tutt’ora pendente dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per mancato adempimento alla suddetta direttiva.
L’Italia infatti con la finalità di contenere la spesa pubblica e dopo un grave ritardo di dodici anni dal 2004, ha introdotto nel proprio ordinamento giuridico un sistema di indennizzo per le vittime di reati.
Con la legge 7 luglio 2016, n. 122 (recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - legge europea 2015- 2016”) è stata finalmente recepita la riforma normativa auspicata con i criteri restrittivi contenuti dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302 che assicurava l’erogazione di risorse pubbliche alle sole vittime della criminalità organizzata, estranee ad ambienti e rapporti delinquenziali.
L’articolo 11 della suddetta legge n. 122/2016 ha infatti introdotto nell’ordinamento italiano norme volte a dare attuazione alla Direttiva 2004/80/CE. Il citato art. 11 prevede che per l’attuazione delle disposizioni era autorizzata la spesa limitata di euro 2.600.000,00 a decorrere dall’anno 2016; dopo la approvazione recente della legge europea sono stati disposti stanziamenti di euro 5.400.000,00 per l’anno 2017 ed a 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018. .
Il 31 ottobre 2017 è entrato in vigore in Italia il decreto di attuazione che dà concretezza alla suddetta legge italiana di recepimento della direttiva europea, stabilendo somme che non sono certamente da considerarsi tali da costituire un “equo indennizzo”.
In particolare, il decreto prevede che “gli importi dell'indennizzo di cui all'art. 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, sono determinati nella seguente misura:
a) per il reato di omicidio, nell'importo fisso di euro 7.200, nonché, in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, nell'importo fisso di euro 8.200 esclusivamente in favore dei figli della vittima;
b) per il reato di violenza sessuale di cui all'art. 609-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità, nell'importo fisso di euro 4.800;
c) per i reati diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), fino a un massimo di euro 3.000 a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali.”
Tali importi sono del tutto iniqui e lontani da quanto stabilito dai tribunali italiani nelle sentenze di condanna durante gli anni di ritardo nella applicazione della summenzionata direttiva. Prima della legge del 2016 e del recentissimo decreto attuativo, alle vittime di violenza sessuale venivano liquidate somme comprese tra Euro 50.000,00 ed Euro 150.000,00, contro gli attuali Euro 4.800 previsti dal citato decreto.
IL governo italiano, per l’erogazione degli indennizzi, ha istituito un Fondo di Garanzia gestito da esperti giuristi che, al fine di evitare l’applicazione della garanzia, trovano eccezioni procedurali e sostanziali per non operare come primo intervento di soccorso, ma solo dopo un lunghissimo contenzioso processuale con i tempi della giustizia italiana.
L’Italia ha introdotto una serie di clausole, restrizioni, esclusioni e distingui al fine di impedire e limitare gli indennizzi cercando di contenere la spesa pubblica, in aperta violazione del principio di solidarietà posto alla base della citata direttiva.
L’Italia ha quindi violato lo spirito europeo de jure condendo della riforma che prevedeva un immediato soccorso delle vittime, senza dover attendere la fine dei processi, ricorrendo al concetto della responsabilità oggettiva e cioè, prescindendo nel momento del soccorso, dalla ricerca delle responsabilità soggettive per riparare nell’immediatezze dell’offesa il danno alla dignità umana e alla salute, evitando in particolare le complicanze di ordine patrimoniale e gli ulteriori avvenimenti dannosi facilmente presumibili conseguenti alla invalidità ed alla morte di un congiunto.
Possono chiedere il contributo economico dopo la fine dei processi soltanto le vittime che non riescono a ottenere il risarcimento dai colpevoli individuati e condannati. E’ evidente l’intento defatigatorio di tale costosa costrizione alle procedure di recupero coattivo di importi irrisori che porterà inevitabilmente alla rinuncia dell’indennizzo.
Di fatto, salvo il caso di morte o violenza carnale, si costringono le vittime a costituirsi parte civile nei processi penali che le riguardano, dovendo sostenere gravosi costi di giustizia posti a loro carico, anziché prestare un immediato soccorso a chi subisce le conseguenze dannose di reati contro la persona.
Tra l’altro l’aiuto è riservato solo a persone che non abbiano avuto indennizzi da parte di altri soggetti pubblici o privati come istituiti previdenziali o assicurazioni personali.
Non esiste inoltre una garanzia per il soddisfacimento di tutte le richieste, data l’esiguità delle somme stanziate per il fondo anno per anno.
Nel caso in cui il budget annuale sia insufficiente per tutti i richiedenti, secondo quanto previsto dal decreto, l’intero indennizzo o la quota mancante al raggiungimento del totale, potranno essere pagati l’anno successivo a quello della richiesta, senza interessi, rivalutazioni o oneri aggiuntivi.
Diversamente, negli altri paesi europei, gli importi erogati sono equi, congrui e corretti. Per ciascuna parte offesa dei reati di omicidio sono stati stabiliti indennizzi pari a centinaia di migliaia di euro.
Sussistono già le condizioni per poter ricorrere alla Corte Europea di Giustizia per agire giudizialmente nei confronti dell’Italia avendo recepito quest’ultima in maniera errata e irregolare la normativa europea in materia, chiedendo che la summenzionata legge n.122/2016 e in particolare il decreto attuativo, non vengano applicati.
Le condizioni imposte dalla normativa italiana non previste nella Direttiva 2004/80/CE comportano sostanzialmente un suo recepimento meramente formale, ma la sua più totale negazione sostanziale.
Per questi motivi, la Associazione UNAVI - Unione Nazionale Vittime
CHIEDE
al Parlamento Europeo di rilevare la violazione e la negazione da parte dell’Italia dei principi di diritto comune europeo posti alla base della Direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004 e quindi di sollecitare la Commissione Europea di presentare, dopo diciotto anni dal 2004, una nuova proposta di direttiva al Consiglio dell’Unione Europea, relativa all’indennizzo alle vittime di reato che impedisca agli Stati membri di stabilire importi di indennizzo non equi e di condizionare la erogazione di questi importi aggirando i propri obblighi solidaristici nei confronti dei cittadini, con palese violazione della loro dignità umana.


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