I Coltelli Giapponesi

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Aldebaran
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I Coltelli Giapponesi

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(Espositore in un negozio di coltelli al mercato di Kawaramachi a Kyoto)

È difficile parlare dei coltelli da cucina giapponesi senza rischiare di cadere in una retorica un po' trita che parla di samurai e mitologici sfilettatori di pesce da sushi con la bandana arrotolata legata attorno alla fronte. Eppure la maestria dei fabbri giapponesi è effettivamente qualcosa che affonda le sue radici nel profondo medioevo giapponese, in quell'epoca definita Sengoku-jidai (letteralmente "epoca degli stati in guerra") in cui le costanti e perenni guerre tra signori feudali portarono i fabbri che li armavano a forgiare spade affilate come rasoi, le famose katana, sviluppando tecniche metallurgiche esasperate. Mentre in Europa si diffondevano spesse corazze e cotte metalliche che richiedevano spade appuntite e pesanti per essere di volta in volta utilizzate come clave per stordire l'avversario o lance per perforarne le difese, in Giappone, una tecnica di combattimento più veloce e agile, quindi con corazze più leggere, privilegiò l'utilizo della spada da taglio. E le spade sviluppate dagli armaioli nipponici tagliavano veramente come e più di rasoi. L'affilatura delle katana è ormai leggendaria. E non a caso. Mentre nell'Italia del Rinascimento gli artisti giungevano a tecniche pittoriche estreme, così gli artigiani dell'acciaio del sol levante ideavano speciali processi per la formazione e l'assemblaggio del ferro, speciali tecniche di forgiatura per creare lame flessibili, resistenti e taglienti al tempo stesso. A volte i risultati erano così estremi che le spade non venivano nemmeno utilizzate in battaglia ma restavano come oggetto di culto fine a se' stesso. È significativa la leggenda dei due armaioli che si sfidarono a chi avrebbe creato la lama più tagliente. Finite le loro opere le posero nell'acqua di un fiume. Le foglie cadute si adagiavano sulla superfice dell'acqua e venivano trasportate dalla corrente. Una di queste foglie venne tagliata di netto dalla prima delle due spade. Una seconda foglia, trasportata dalla corrente in direzione delle seconda lama, poco prima di giungere al filo di questa scartò con una traiettoria innaturale all'ultimo momento evitando il taglio. L' armaiolo della katana che aveva tagliato la foglia si dichiarò sconfitto porgendo un profondo inchino all'avversario la cui spada aveva dimostrato una tale forza spirituale che poteva sconfiggere l'avversario senza scontrarvisi.
Certo, tra una katana e un coltello da cucina c'è una bella differenza, ma la storia serve a capire come i giapponesi prendano molto sul serio acciaio e le "cose taglienti" che con esso vengono realizzate, anche i coltelli da cucina. E non poco della lunga tradizione metallurgica dei mastri fabbri di katana rientra oggi nella realizzazione di coltelli giapponesi artigianali la cui affilatezza è stata ormai quasi mitizzata anche in Occidente. Anche nella realizzazione di alcuni coltelli di qualità si impiegano tecniche di forgiatura utilizzate per le spade tradizionali. Ad esempio le combinazioni di tipi di acciaio e tempre diverse sulla medesima lama, così da avere maggiore o minore flessibilità e durezza a seconda dei punti del coltello: lama che deve essere affilata e corpo principale che deve invece assorbire vibrazioni e torsioni. Una tecnica che ha molto in comune con la temperatura differenziata per cui sono famose le katana.
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(Particolare di una lama di un coltello da cucina giapponese. Si può notare il punto di attacco tra i due tipi di acciaio che la costituiscono, uno per il filo, l'altro per il corpo del coltello, e che vengono assemblati con una speciale tecnica metallurgica)

L'animismo di cui è intrisa la spiritualità shintoista, fa pensare che in ogni cosa, in particolare in un oggetto di cui ci serviamo quotidianamente, si accumuli una tale energia spirituale da fargli quasi assumere un'anima. I coltelli a lungo utilizzati da semplici appassionati di cucina o da veri e propri professionisti, alla fine della loro carriera, quando sono ormai ridotti a dei moncherini dalle frequenti affilature, vengono portati al tempio dove si compie una specie di vero e proprio rito funebre. E il modo in cui molti di questi coltelli tagliano è qualcosa che non poche volte, e senza esagerazione, fa pensare che essi siano dotati di una volontà propria, a volte anche piuttosto sadica per come si accaniscono a tradimento sulle dita di chi li usa. E' impressionante il timore che i giapponesi poco avezzi alla cucina hanno dei coltelli.
Negli ultimi anni, anche per il diffondersi della moda della cucina giapponese dalle nostre parti, sushi in primis, nei negozi di casalinghi, nei supermercati, nelle coltellerie, si incominciano a vedere in vendita coltelli da cucina giapponesi. Tuttavia, nella migliore delle ipotesi, si tratta di coltelli magari prodotti in Giappone, ma realizzati industrialmente per l'esportazione. Nella peggiore sono imitazioni Made in China con qualche ideogramma stampato sopra ad effetto. Tuttavia per i veri appassionati di cucina in generale, e di cucina giapponese in particolare, ci sono un paio di cose che sarebbe bene sapere sui coltelli giapponesi.
Acciaio Inox VS Acciaio Carbonio
Innanzi tutto un buon coltello è fatto di un acciaio che tende ad arrugginire. L'acciaio inossidabile è un ottimo materiale per fare pentole, teglie e recipienti, ma pessimo per la realizzazione di lame taglienti. L’acciaio inossidabile infatti non solo è difficile da rendere affilato, ma tende anche a perdere facilmente il filo. Un coltello giapponese, se lasciato sporco di cipolla e interiora di pesce nel lavello, dopo una mezza giornata potrebbe presentare qua e là delle macchioline di ossidazione. E ciò non sarebbe segno di scarsa qualità, ma anzi, del fatto che la lama è fatta avendo come priorità il taglio, non il non arrugginire. Questo è il motivo per cui un vero coltello giapponese va lavato il prima possibile dopo che si è finito di usarlo, possibilmente con una spugnetta ruvida, con il coltello appoggiato a una superficie piatta, e con movimento perpendicolare al filo e verso la lama, non contro di essa. Nel senso contrario, oltre a rovinare il filo, rischiereste di farvi sparire le impronte digitali con copioso versamento di sangue. Il coltello va poi asciugato bene con uno strofinaccio (occhio alle dita) e riposto in luogo sicuro. Niente lavastoviglie quindi. È un po’ una rottura, ma affettare anche solo una cipolla con un coltello simile è un’esperienza che, per un appassionato di cucina, va provata almeno una volta nella vita.
Ecco perché proprio i giapponesi, che non vogliono rinunciare a una lama affilata, qualche decennio fa hanno inventato i coltelli in ceramica. Che tagliano quasi bene come un coltello in acciaio, ma non arrugginiscono e hanno bisogno di assai meno cure dei coltelli tradizionali che invece vanno affilati con una certa frequenza. Una soluzione intermedia sono i coltelli in materiale composito, con la lama in ferro innestata su un corpo in acciaio inossidabile, realizzazione che tuttavia li rende abbastanza costosi.

Affilatura


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(Arrotino giapponese al lavoro nella sua bottega. Lavora con una pietra a filo d'acqua che continua ad inumidire. Sulla sinistra si possono notare i vari tipi di pietra per affilare di grana differente)

Altra cosa che è importante sapere sui coltelli giapponesi è che vanno affilati. Può sembrare un’ovvietà, ma quanta gente ha in casa coltelli da cucina che non ha mai affilato in vita sua? Certo anche il più economico dei coltelli Made in China se affilato taglierà, ma il livello di affilatura che si può raggiungere con una lama giapponese è tutta un’altra cosa. Con un uso quotidiano, bisognerebbe dare una rinfrescata al filo almeno una volta a settimana, ricorrendo poi a un’affilatura professionale una volta all’anno. E qui viene la nota dolente in quanto la maggior parte degli arrotini nostrani, ormai abituati alle mannaiacce in acciaio inossidabile che si usano dalle nostre parti, hanno per lo più delle mole a motore. Dopo un passaggio sotto una tale tortura, un coltello giapponese si potrebbe tranquillamente buttare.
L’affilatura va fatta rigorosamente a mano con pietra ad acqua, di grana sottile, 1000 o 800, meglio ancora se per la finitura si usano poi pietre naturali. E non è un caso che il Giappone sia tra i primi paesi produttori di pietre per affilare. Le pietre tra l’altro devono essere sempre perfettamente piatte per assicurare un’affilatura ottimale. Con il continuo utilizzo, le pietre da affilatura tendono a deformarsi, creando un avvallo là dove le passate sono più frequenti. È quindi importante rettificarle regolarmente con gli appositi strumenti. Se avete comprato un coltello in Giappone verificate molto bene come lavora il vostro arrotino prima di portarlo ad affilare. Potreste avere bruttissime sorprese.

Realizzazione Artigianale
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(Nelle vetrine ed espositori di molti negozi di coltelli in Giappone vengono spesso mostrati le varie fase della realizzazione di un coltello a partire dal ferro grezzo. Un'ulteriore prova dell'artigianlità dei prodotti che vendono)

Un'altra cosa da sapere sui coltelli da cucina giapponese è che sono piuttosto costosi. Un coltello artigianale proprio per i particolari trattamenti cui deve essere sottoposto l'acciaio per acquisire determinate caratteristiche, per l'affilatura e per certe finiture subisce buona parte delle sue lavorazioni a mano, in tutta una serie di passaggi obbligati. I prezzi sono quindi conseguenti. Per un coltello di media grandezza è difficile scendere sotto gli 8000 yen, tra i 60 e gli 80 euro a seconda del livello di cambio euro/yen. Per quanto riguarda invece i prezzi massimi, come sempre in Giappone, non vi è praticamente limite verso l’alto, si possono tranquillamente trovare coltelli che superano i mille euro.

La conclusione è che non basta che abbia una forma giapponese e qualche ideogramma stampato sulla lama per avere un coltello che tagli come si deve. Attenzione quindi a ciò che si trova nei negozi di casalinghi, anche di un certo livello, o on-line dalle nostre parti. Tutti coltelli di marche che tra l’altro in Giappone non si sono mai viste ne’ sentite.

Tipologie di Coltelli Giapponesi

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Ma vediamo un po’ alle principali tipologie di coltelli che si possono trovare in un negozio di lame in Giappone. Ne esistono varietà pressoché infinite, uno di forma apposita, stabilita e codificata in secoli di utilizzo, per ogni attività umana, non solo la cucina. Per un appassionato di coltelli, certe botteghe artigianali in alcuni quartieri di Kyoto o di Osaka possono diventare trappole da cui non si riesce ad uscire senza farsi alleggerire il conto in banca. Vi sono coltelli da carne, pesce, verdure, per tagliare le castagne o per spellare le anguille, per squartare o sfilettare pesci grandi o pesci piccoli, anguille, ostriche, e chi più ne ha più ne metta. I più affascinanti sono quelli per tagliare il soba (spaghetti di grano saraceno) dalla sfoglia arrotolata, che vedrei benissimo ad essere usati anche da noi per fare le tagliatelle a mano. Cerchiamo di concentrarci su quelli base che si possono comunque trovare di dimensioni e finiture pressoché infinite.

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(La particolarissima forma di un coltello giapponese da soba, gli spaghetti di grano saraceno. Una volta tirata la pasta, questa viene arrotolata e poi tagliata in listerelle sottili e regolari con questo speciale coltello)

Deba Bocho・出刃包丁

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Per la particolare forma è il più classico tra i coltelli da cucina giapponesi, il più stereotipato, quello che ogni gaijn che si rispetti vuole riportarsi da un viaggio nel sol levante per poi sfoggiarlo con gli amici alla prima occasione, magari per tagliare scaglie di formaggio grana, come tristemente ho visto fare a uno stiloso party nostrano. In deba-bocho tuttavia è un coltello abbastanza particolare. La caratteristica principale è quella di avere una lama molto spessa e pesante a sezione asimmetrica: da una parte, una delle “guance” è bombata, dall’altra è piatta. Questo, assieme alla lama che per la particolare forma viene ad essere piuttosto distanziata dall’impugnatura, serve proprio a facilitare il taglio del pesce o della carne in filetti o fettine. Il deba bocho non è ambidestro, la forma asimmetrica fa sì che i mancini debbano acquistarne uno fatto apposta per loro. Anche nell’affilatura, proprio a causa dell’asimmetria della lama, bisogna porre particolare attenzione all’inclinazione con cui il filo sfrega sulla pietra, inclinata dal lato bombato, di piatto dal lato dritto. Il peso e lo spessore della lama gli permettono inoltre di poter essere utilizzato per tagliare e incidere ossa e cartilagini senza troppe difficoltà e senza il timore che si rovini. Il nome deba・出刃 (bocho è la parola houcho・包丁, coltello da cucina, modificata per renderla meglio pronunciabile nella parola composita), con i suoi ideogrammi, significa letteralmente lama sporgente. È tuttavia abbastanza diffusa la storia, o battuta, che il nome derivi dal nomignolo che aveva il fabbro che per primo inventò questa particolare forma, soprannominato deba a causa dei denti sporgenti. Deba infatti può avere anche questo significato.

Coltelli da sashimi
Anche questi coltelli hanno la tipica forma che li rende immediatamente riconoscibili ai più come “coltelli giapponesi” anche se meno del più tipico deba. Sono caratterizzati da una lama lunga e affusolata, questo perché la fettina di pesce per sushi e sashimi andrebbe tagliata con un unico movimento della lama, non facendo avanti e indietro come si farebbe per tagliare una fetta di pane. In questo modo non si sfibra la consistenza del pesce che lo renderebbe moscio e acquoso. Per far ciò una lama lunga è essenziale, ed è essenziale anche che sia poco spessa così da causare meno attrito possibile tra la carne e l’acciaio.

1)Yanagiba・柳刃 o Shoububa・菖蒲刃


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Significano letteralmente il primo “lama di salice”, il secondo “lama di gladiolo”, in quanto, come si può immaginare, la forma di questi coltelli ricorda le foglie delle rispettive piante cui sono associati.
2)Takohiki
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Simile allo yanagiba, ma con una punta più squadrata.

3)Ajikiri. Letteralmente il taglia-triglia. È un “bonsai” di yanagiba, ideale per sfilettare e tagliare pesci di piccole dimensioni.
Na-kiri
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Anche il na-kiri è abbastanza esotico nelle fattezze anche se meno nobile ed elegante. La forma è piuttosto tozza e squadrata. Il suo uso è difatti più plebeo occupandosi principalmente del taglio della verdura. Variazioni sullo stile del na-kiri sono l’Edogata stile Kanto (la regione di Tokyo) e il Kamagata stile Kansai (la regione di Osaka), in realtà quasi identici se non per gli occhi più esperti.
Santoku・三徳
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Altro coltello fondamentale è il Santoku. Il termine significa letteralmente “le tre virtù”. È il coltello tuttofare, che può essere usato benissimo per tagliare carne, pesce e verdure. Le tre virtù appunto. Il santoku tende ad essere più affilato del debabocho ma ha anche la lama più sottile. È probabilmente il coltello più versatile tra tutti quelli che si possono trovare in una coltelleria nipponica, forse il primo cui accostarsi per i novizi del “taglio veramente affilato”.
link: http://aritsugu.jp/
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