Gli Scalpelli Giapponesi

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Aldebaran
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Gli Scalpelli Giapponesi

Messaggio da Aldebaran »

Gli scalpelli giapponesi o “nomi” stanno diventando sempre più diffusi fra gli “amanuensi” esigenti.

Il vero e proprio culto giapponese per le lame fa sì che siano disponibili versioni accuratamente forgiate a mano, che offrono livelli qualitativi praticamente sconosciuti agli equivalenti occidentali.

E’ disponibile una grande varietà di tipi che vengono fabbricati impiegando diverse varietà di acciai.

I tipi principali di scalpelli giapponesi sono :


* Oire-nomi :

Sono scalpelli corti, solitamente 22-23 cm totali, con lama di 6-6,5 cm e profondità di lavoro di 8-10 cm.
Hanno solitamente lama con sezione trapezoidale ("bevel edged" o "mentori style") e sono destinati soprattutto ad impieghi poco gravosi.

Sono i più diffusi in occidente per il loro costo molto più contenuto rispetto ai tipi più lunghi, e sono tipicamente usati con i martelli (daruma) leggeri (225-375 g)


Nella foto

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#
vediamo degli oire-nomi forgiati dal mitico Ichihiro (scomparso l'anno scorso), in acciaio carta bianca n°1.

I due più grandi (42 mm e 36 mm) hanno le lame in stile Mentori, cioè con i lati svasati;
i due più piccoli (30mm e 24 mm) hanno le lame in stile Kaku-uchi



# Umeki (oire) nomi o Shinogi-nomi:

Sono la versione dovetail dei precedenti, da cui si differenziano per i lati della lama più sottili (i migliori arrivano praticamente a zero)

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e per la sezione triangolare della lama stessa.

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Bachi-nomi :

Dovetail complementari ai precedenti, servono infatti per rifinire le femmine nelle code di rondine cieche.
Si distinguono per la forma della lama a zampa d'anatra e per la sezione trapezoidale della lama stessa.

Nella foto un set del maestro Watanabe Kiyoei (Kiyohisa)

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Chu-Tataki nomi ( mezzo-Tataki ) :

Come il nome fa intuire, si tratta di una via di mezzo tra i massicci Tataki-nomi o Atsu-nomi e gli Oire-nomi; sono scalpelli destinati a lavori mediamente gravosi, tradizionalmente destinati alla falegnameria.

Sono più lunghi degli oire nomi, sia come lama che come codolo, e dunque hanno maggior profondità utile di lavoro, solitamente intorno ai 26-27 cm.

La tendenza attuale è comunque a costruirli con spessori simili agli oire nomi, prediligendo precisione e maneggevolezza alla maggior robustezza offerta dalla costruzione più tradizionale.

Nella foto seguente, dal basso: Oire-nomi, Chu-Tataki-nomi, Tataki-Atsu-nomi

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Tataki-Atsu-nomi (scalpelli spessi da colpire - Atsu = spesso):

Spesso affettuosamente chiamati “big boys” dai carpentieri giapponesi, sono scalpelli grossi, di lunghezza simile agli eleganti Usu-nomi e Chu-Usu-nomi, ma molto più robusti e massicci.

Si usano per carpenteria pesante e, in mani esperte, sopportano sollecitazioni impressionanti.
Tipicamente impiegati con daruma da 500-800 g.

Qui


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un Oire-nomi fotografato a fianco a un set di massicci Tataki-nomi prodotti da Kiyotada: notate la differenza di dimensioni.


Usu-nomi ( scalpelli sottili ) :

Sono scalpelli lunghi circa 30-32 cm. in totale, di cui 8-9 cm. di lama, adatti a impieghi medio-leggeri, soprattutto lavori di precisione e/o pareggio.

La lama va dai circa 4 mm di spessore in punta fino a circa 6 mm al codolo, che è solitamente schiacciato.

Conseguentemente, sono in grado di lavorare a una profondità massima coincidente con la lunghezza totale della lama (circa 15 cm), e vengono tradizionalmente impiegati con Daruma leggeri (225-375 g) oppure a spinta.


In foto un set di Masayoshi d'epoca

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Chu-Usu nomi ( mezzo Usu ) :

Noti anche come scalpelli da templio, sono scalpelli lunghi circa 30-32 cm. in totale ( di cui 8-9 cm. di lama ), adatti a impieghi medio-pesanti.
Come il nome fa intuire, si tratta di una via di mezzo tra gli eleganti Usu-nomi e i massicci Tataki-nomi.

Sono in grado di lavorare a 12-14 cm. di profondità massima, e vengono tradizionalmente impiegati con martelli metallici del peso di 375-525g.


In foto un bel set di Konobu.

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Mokumachi-nomi e Anaya-nomi :

Sono gli scalpelli da mortasa.

Solitamente disponibili in tre versioni:


* Per ebanisteria, lunghi intorno ai 24-25 cm

* Per falegnameria, lunghi circa 30 cm

* Per carpenteria pesante, lunghi circa 35-40 cm.



Sono scalpelli robustissimi e massicci, con i lati della lama appena svasati (come i tradizionali bedani europei).
Raramente superano la larghezza di 24 mm: per mortase più larghe si usano gli Atsu-nomi.
Come questi ultimi, in mani esperte sopportano sollecitazioni impressionanti e si usano tipicamente con martelli piuttosto pesanti.


Nelle foto qui sotto, un set di questi scalpelli, opera di Yamahiro.


Immagine


Qui

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si può notare la struttura robustissima della lama.

Tsuki-nomi :

Sono gli scalpelli che si usano a spinta.

Sono disponibili in una grande varietà di foggia e dimensioni, ed infatti si va dai ferri da pareggio per ebanisteria, lunghi intorno ai 34-35 cm, agli enormi slick per carpenteria pesante (Ootsuki-nomi).

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Oltre a questi tipi tradizionali, negli ultimi decenni c’è stata una fioritura di scalpelli specializzati in una grande varietà di forme e spessori.

# Gli Acciai

In passato, i taglienti venivano tradizionalmente forgiati in acciaio al carbonio o in acciaio yasuki.

Attualmente, il 90% degli attrezzi di alta qualità ha taglienti in "acciaio bianco" o in "acciaio blu", prodotti dalla Hitachi.
Non ci si riferisce al colore dell'acciaio, ma più banalmente al colore della carta in cui sono avvolte le barre da 1m in cui tale materiale viene fornito.

Di qui la denominazione inglese di "white paper steel" (shirogami in giapponese), e "blue paper steel" (aogami), cioè acciaio carta bianca e acciaio carta blu.

Il colore della lama è praticamente indistinguibile, ma mentre il primo (nelle sue varietà) è un acciaio al carbonio prodotto da sabbie ferrose già insolitamente pure, il secondo è in lega con cromo e tungsteno.

Entrambi contengono anche piccole quantità di silicio e manganese.

Dal punto di vista della qualità finale, per quel che sono le nostre limitate esperienze, gli acciai carta bianca prendono leggermente meglio il filo (grana più fine), il N 1 meglio del N. 2, quest'ultimo è un po' meno critico nella fase di trattamento termico e tempra.

Gli acciai carta blu sono un po' critici nella fase di trattamento termico e tempra ma, se trattati adeguatamente, tengono il filo più a lungo.
Oltre al numero 1 e al numero 2 esiste un carta blu 1.5 che somiglia molto al tradizionale acciaio yasuki.
Pare venga prodotto in esclusiva per i Tasai.

Un occhio allenato, inoltre, è in grado di distinguere il tipo di acciaio ( e di ricavare informazioni sulla sua lavorazione ) osservando con attenzione la linea di laminazione tra l'acciaio del tagliente e il ferro che lo supporta.

Ultimamente si sta diffondendo, per attrezzi di qualità estrema, l'uso di due acciai che tentano di replicare il mitico tamahagane.

Uno è il Vacuum Ark Resmelting WS#1, usato tra gli altri da Funatsu Funahiro (che lo chiama "new tamahagane") e da Kunio Yokoyama (che lo utilizza nelle lame delle sue famose e ricercatissime pialle).

L'altro è il Bohler 990K, utilizzato da Konobu nella serie migliore di sgorbie e scalpelli.
In particolare quest'ultimo è considerato del tutto indistinguibile dal Tamahagane originale.

Comunque, alla fine, la differenza di qualità non la fa tanto il tipo di acciaio usato ma soprattutto il "manico", cioè l'artigiano che li forgia, tempra, etc.
Tanto più è capace e tanto più accurato è il suo lavoro, tanto migliore sarà l'attrezzo.

E' quasi incredibile quanta differenza riesca a fare la lavorazione, anche tra due scalpelli fatti dello stesso acciaio.
La grana può diventare finissima e compatta con una lunga martellatura alla forgia magistralmente eseguita o, al contrario ingrossarsi con una lavorazione frettolosa e magari una temperatura leggermente sbagliata.

Una tempra sbagliata può far perdere carbonio all'acciaio, rendendolo più soffice.
Al contrario, una tempra bene fatta su una forgia a carbone può far ulteriormente arricchire l'acciaio di carbonio cosa che permetterà una maggiore durezza.

Tuttavia la durezza non basta, poichè ci sono attrezzi economici (ma anche qualcuno caro) che hanno lame durissime, anche 64-65 hrc, ma friabili come biscotti!

Invece attrezzi forgiati e temprati a regola d'arte prenderanno un filo di tale qualità, e soprattutto lo manterranno talmente a lungo, da sfiorare la stregoneria.

Il mio amico So Yamashita (grande amante dei vini) è solito paragonare gli scalpelli giapponesi ai vini italiani:
"Con il Sangiovese si può fare il Brunello di Montalcino, ma anche il vino venduto al discount per pochi spicci. Per chi è capace di discernere la differenza entrambi valgono il loro prezzo!"

Fondamentale anche la capacità dell'utente finale di mettere a punto e affilare la lama nella maniera migliore.
Coll'aumentare dell'esperienza e delle capacità, il filo dei miei scalpelli dura ormai almeno il doppio di quanto succedesse inizialmente. E ciò nonostante attualmente utilizzi affilature decisamente più estreme!

Spesso la presunta fragilità delle lame jap non è tanto il segno di una cattiva qualità della lavorazione, ma piuttosto il sintomo di un'affilatura e/o preparazione della lama errate.

Queste operazioni sono affrontate in dettaglio nell'apposito tutorial ( vedi ).


Adesso vedremo brevemente quali sono le fasi di fabbricazione di uno scalpello jap bi-laminato tradizionale.

Gli scalpelli in acciai multistrato come mokume, suminagashi o kamaji hanno lavorazioni ancor più complesse e numerose per ottenere l’effetto (soprattutto estetico) voluto.

Per chi voglia approfondire gli aspetti di metallurgia, ecco una tabella con le composizioni degli acciai
http://www.paragoncode.com/temp/YSS_HCC_spec.pdf



# Fasi di fabbricazione di uno scalpello giapponese

Le fasi di fabbricazione di uno scalpello giapponese sono:

1.
Scelta iniziale dei materiali per il tagliente e per la struttura di supporto (parte superiore del corpo lama e codolo) dello scalpello.
La struttura di supporto è solitamente fatta in acciaio dolce o ferro.


2.
Saldatura insieme delle due lamine tramite martellatura alla forgia a temperatura variabile tra ca. 800° ca. 1100° C. Temperature più alte facilitano la saldatura, ma favoriscono il passaggio di carbonio dall'acciaio alla lamina di ferro, peggiorando quindi le caratteristiche della lama.
Al contrario, temperature più basse, richiedono più abilità e più lavoro ma permettono di sfruttare al meglio le caratteristiche dell'acciaio.

E' una fase particolarmente critica, specie per l'acciaio shirogami (carta bianca).


3.
Formatura della lama, sempre tramite martellatura alla forgia.


4.
Ricottura e raffreddamento lento allo scopo di eliminare tensioni interne dei materiali e favorirne la ricristallizzazione.


5.
Lunga martellatura a temperatura ambiente fino ad ottenere la forma voluta per lama e codolo.


6.
Molatura grossolana per definire le superfici.


7.
Martellatura fine per correggere i difetti lasciati dalla molatura.


8.
Marchiatura con i kanji del costruttore.


9.
Spennellatura di uno strato di fango in preparazione per la prima fase di tempra.


10.
Prima fase di tempra (indurimento) a ca. 800° C.


11.
Raffreddamento veloce.


12.
Altra martellatura manuale per correggere le deformazioni provocate dall’indurimento.


13.
Seconda fase di tempra (rinvenimento) a 150-180° C per dare al materiale le sue caratteristiche finali ed eliminare punti di stress.
Per lame particolarmente pregiate, la temperatura di rinvenimento può essere anche parecchio inferiore, 120° o persino 100°.

Questo spiega perchè gli esperti insistono tanto sulla necessità di evitare assolutamente l'uso di mole a secco (o anche solo di carta abrasiva a secco) per affilare tali attrezzi: la temperatura locale nella zona di attrito sarebbe inevitabilmente superiore alla temperatura di rinvenimento, facendo perdere durezza alla lama!


14.
Ulteriore martellatura per correggere le deformazioni causate dal rinvenimento.


15.
Molatura fine per dare la forma finale al tagliente e alle pareti della lama.


16.
Affilatura ( spesso questa fase viene lasciata completamente all’utente finale ).


17.
Montaggio del manico, solitamente eseguito da un laboratorio esterno.


Come si capisce chiaramente, si tratta di una sequenza di lavorazione che richiede tempo e grande esperienza, e che spiega il prezzo elevato che questi scalpelli, quando realmente di buona qualità, hanno già all’origine.



# Ma che vantaggi danno?

Dopo aver scoperto quanto lavoro c'è dietro la costruzione di un singolo scalpello di scuola giapponese, è ovvio chiedersi quali siano i vantaggi che giustificano tanto impegno.


* Facilità e frequenza dell'affilatura

Il primo e più evidente dei vantaggi nell'uso quotidiano è la grande facilità di riaffilatura di queste lame; infatti il dorso concavo permette di riprendere il filo con poche passate sulla pietra.

Anche l'affilatura del bevel è molto più facile perchè il tagliente in acciaio è durissimo ma di spessore minimo, mentre il grosso dello spessore è costituito da ferro dolce.
Questo permette di riprendere il filo molto facilmente anche a mano libera e di ridurre a ca. la metà il tempo necessario a rifare completamente il bevel quando ciò è necessario.



* Qualità e durata del filo

La cura con cui vengono forgiati questi scalpelli permette di rendere l'acciaio compattissimo, e la struttura laminata permette tempra molto più spinta senza compromettere la robustezza.

Il risultato è una capacità di prendere il filo assolutamente sconosciuta agli scalpelli "western style", ed una durata senza confronti.
Questo vuol dire maggior precisione e velocità di lavoro che, unitamente alla facilità nel riaffilare, permette di dedicare molta più attenzione ed energie al lavoro.



* Capacità di assorbire i colpi

La struttura di codoli e manici degli scalpelli giapponesi permette di usarli senza problemi con martelli a testa metallica. Molto più pratici dei mazzuoli in legno.

Inoltre, la struttura laminata in cui il ferro dolce assorbe e smorza le vibrazioni dei colpi evita saltellamenti e spostamenti accidentali della lama.

Il risultato pratico è nuovamente maggior facilità d'uso e maggior precisione.



Tutti questi vantaggi sono tanto più evidenti quanto più alta è la qualità (e ahimè, il prezzo) dell'oggetto in questione.

Tradizionalmente gli scalpelli giapponesi sono attrezzi di qualità costruiti artigianalmente, con una dedizione ed un impegno difficilmente comprensibili senza una adeguata comprensione della filosofia di vita che viene trasferita dall'artigiano giapponese negli oggetti che produce.

Chiaramente è difficile trasferire alla lavorazione industriale le caratteristiche che li rendono tanto desiderabili.

Tenetelo ben presente, perchè sotto certi livelli di prezzo è molto ma molto probabile che sia preferibile rivolgersi alla produzione Europea.

Personalmente ritengo che non sia conveniente comprare scalpelli giapponesi al di sotto di un prezzo medio di 25-30 euro cadauno.

Il mio personale consiglio è di concentrarsi non tanto sull'assortimento, quanto sulla qualità degli attrezzi e sull'uso specifico che ne volete fare.

In occidente gli scalpelli giapponesi più diffusi e venduti sono certamente gli Oire-Nomi, tuttavia non è assolutamente detto che siano i più adatti per l'uso che intendete farne.


Prima di tutto dovrete:


* Individuare le misure che vi sono realmente necessarie

*
Chiedervi se userete i vostri scalpelli prevalentemente a mano o se farete più frequentemente uso di un mazzuolo

*
Individuare la lunghezza di lama, il tipo di impugnatura e il peso dell'attrezzo più adatto a voi e al lavoro che eseguirete



Se non avete già le idee chiare, sarebbe bene cercare di provare tipi diversi prima di comprare un set davvero impegnativo.
Se ne avete la possibilità, cercate di provare quelli degli amici (i forum servono anche a questo), altrimenti cercate di comprare 1-2 scalpelli per tipo di qualità medio alta, che poi al limite potrete anche rivendere quando avrete capito bene cosa vi serve.

E magari anche uno di basso prezzo per rendervi conto della differenza.

Tenete ben presente che gli scalpelli giapponesi di qualità hanno "personalità" parecchio diversa passando da un artigiano all'altro o da un fabbricante all'altro.

Inoltre, la qualità del lavoro di affilatura della lama influisce moltissimo sulla sua capacità di prendere e tenere il filo.

Quindi, ancora una volta cercate di fare tutta l'esperienza pratica che potete prima di investire cifre ingenti in set completi di scalpelli dell'uno o dell'altro produttore.

Per esempio, un paio di vecchi scalpelli da restaurare comprati su ebay per pochi euro potrebbero essere un'ottima palestra per capire a fondo cosa fare e cosa non fare durante l'affilatura e messa a punto.

Prendete tutto il tempo necessario, smontate e rimontate i manici, provate tecniche di affilatura diverse, provate a modificare leggermente l'angolo della lama rispetto al codolo, insomma ..... sperimentate.

Quando sarete realmente capaci di fare una scelta consapevole, scegliete il vostro set.

E ricordatevi che attrezzi di qualità così alta durano tutta una vita (e solitamente passano alle generazioni future).

Bibliografia
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sandorazz
Messaggi: 161
Iscritto il: 10/05/2010, 21:27
Località: Milano Est

Re: Gli Scalpelli Giapponesi

Messaggio da sandorazz »

ma quante ne sai ? ... :P

ciao
ilMarzio
Messaggi: 3
Iscritto il: 07/02/2012, 16:21
Località: Ischia - Napoli - delta del Rufiji

Re: Gli Scalpelli Giapponesi

Messaggio da ilMarzio »

Caro Aldebaran,
Visto che si tratta di un copia e incolla da delle schede che avevo scritto nel 2009 per altri due forum, ovvero Legnofilia e Arcadilegno,
sarebbe corretto indicare chi è l'effettivo autore dello scritto.

qui di seguito il link alla pagina di Legnofilia (l'altra è pressocchè identica)
http://www.legnofilia.it/contenuti.php?post_id=19872

Sono sempre favorevole a condividere le conoscenze e a lasciare libertà di circolazione e citazione dei miei scritti,
che infatti sono coperti da semplice licenza creative commons,
però il vero autore dev'essere chiaramente indicato,
grazie.

Questo ovviamente, senza nulla voler togliere alla competenza da te dimostrata in altri interventi.
Ciro Marzio
Liutaio e Progettista Audio
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