Professor Shogo Nagaoka

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Aldebaran
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Professor Shogo Nagaoka

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Un Saluto a Tutti!

il 6 e 9 Agosto ricorreranno nuovamente i tristi anniversari dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki.

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Per questo motivo ho deciso di fornirvi qualche informazione sul Professor Shogo Nagaoka dato che alcuni aneddoti sulle sue ricerche riguardano anche le pietre naturali giapponesi per affilare.

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Le testimonianze elargite sono frutto della collaborazione con il Dottor Ayako Yoshida Museo di Hiroshima che ringrazio infinitamente.

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Si ringrazia quindi anche il sito Researchgate a cui appartengo* per avermi fornito i testi completi in inglese.
Mi preme inoltre aggiungere che ho tradotto il testo, dall'inglese all'italiano, del Dottor Shogo Nagaoka riguardante il grado di radioattività delle rocce ( e pietre per affilare ) in seguito all'esplosione della bomba atomica su Hiroshima. Questi si aggiungerà al testo tradotto presente sul Forum redatto dal Maestro Giapponese Kousuke Iwasaki-Honing Razors and Nihonkamisori. Il volume di Shogo Nagaoka è ancora in fase di bozza, ne riporterò qui le parti salienti.
Shogo Nagaoka è il fondatore del Museo di Hiroshima in cui sono depositati oggetti e rocce di vario genere che si rovinarono o bruciarono del tutto o parzialmente dal momento in cui furono scaraventati dell'esplosione della bomba atomica lontano dalle abitazioni, estraniati per sempre dalla quotidianità, via dalle Vite dei loro proprietari.

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Dato il caos generato dalla violenta esplosione, considerata la novità sulla tipologia di attacco militare e l'inconsapevolezza delle persone in materia di nucleare, dovuta all'oscurantismo adottato dalle nazioni che lavoravano ai progetti atomici, i giapponesi erano allo sbando.
Il Geologo Shogo Nagaoka, inviato il 7 Agosto ad Hiroshima, designato nel Direttivo di una Task Force per comprendere l'entità dei danni e le conseguenze di un attacco atomico, si accorse subito che tra le precauzioni da prendere vi era quella di iniziare a sfollare le persone via dalle zone contaminate, separandole dai loro oggetti radioattivi, impedendo loro di ingerire cibi e acque contaminate.
Lo scienziato infatti, sedendosi per riposare qualche minuto dal viaggio fino ad Hiroshima, notò di non sentirsi bene. La pietra su cui si era adagiato presso il Santuario di Gakoku era diventata radioattiva.
Egli calcolò quindi l'ipocentro, ovvero la proiezione verticale, sulla superficie della Terra, del punto in cui era avvenuta la detonazione in atmosfera. Lo fece misurando le dimensioni del raggio di superficie nella quale delle persone investite dall'esplosione era rimasta solo polvere sul terreno. Il raggio era di due chilometri. Il resto dei calcoli lo potete leggere nelle note, se interessati, grazie.**
Nelle pietre per affilare e in quelle da costruzione Shogo Nagaoka riscontrò concentrazioni specifiche di isotopi radioattivi di 226Ra, 232Th. Le concentrazioni di attività di 232Th, 226Ra e 40K nei campioni di Tufo Riolite e quarzo selezionati variavano rispettivamente da 18 a 178, da 6 a 160 e da 556 a 1539 Bq kg-1. Fu riscontrato del 60 Cobalto in pietre per affilare con forte presenza di zolfo (Enshou 烟硝-Traduzione "Gunpowder") e nei leganti di varie pietre per affilare ( feldspati ) e materiali da costruzione.

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I suoi studi sulla radioattività servirono, come quelli compiuti da Rutherford, a determinare anche l'età delle Rocce. Tutt'oggi si stima il tempo trascorso da quando queste subirono l'ultima trasformazione chimica. Si determinano le quantità relative di un isotopo radioattivo a lunga vita e del prodotto finale stabile nella catena di disintegrazione, che sono presenti in un campione. Un approccio più raffinato è fornito dal confronto tra il contenuto di elio nella roccia e la presenza di uranio nella stessa. In ciascuna disintegrazione alfa nella catena di decadimento si produce un nucleo di elio, e, se si è sicuri che l'elio non è sfuggito dall'interno della roccia, si può stimare quanti atomi di uranio si sono disintegrati da quando si è formata la roccia. Le rocce più antiche che compongono la crosta terrestre hanno circa 3x10^9 anni. Si tratta comunque di un limite inferiore dell'età della terra, perché in passato la crosta ha subito molte mutazioni chimiche.

I Giapponesi studiarono in questo modo anche le meteoriti, che hanno un'età di circa 4,6x10^9 anni. Esse si sono cristallizzate nello stesso periodo di tempo in cui si sono formati gli altri corpi del sistema solare.

Bozza del testo da me tradotto (foto di poche pagine):

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Shogo Nagaoka si occupò anche dello studio di varie Trinititi, ovvero dei residui vetrosi creati dalla fusione di silicio e feldspati saldati dal calore in seguito alla violenta esplosione della bomba. La sabbia risucchiata all'interno della palla di fuoco, durante la deflagrazione, si trasforma in vetro liquido, piove dall'alto verso il basso e una volta che ha toccato terra dopo un lasso di tempo ridiventa solida.

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**Dalla sua analisi si può notare che la metà dell'energia si consumò nell'innescare una potentissima onda di pressione, un vento cinque volte più intenso di quello che si può originare in un violento uragano, che a velocità supersonica (oltre 1500 km/h) si allontanò dall'ipocentro (così è chiamato, usando una terminologia sismica, il punto sulla superficie terrestre collocato sulla verticale del punto dell'esplosione) spazzando via ogni cosa per circa due chilometri e lasciando il vuoto nella sua scia. L'impressionante velocità di questo vento caldissimo era ancora 1000 km/h a 500 metri dall'ipocentro, e 300 km/h a un chilometro e mezzo.
Agli effetti distruttivi di questa onda d'urto diretta vennero poi a sommarsi quelli dovuti al ritorno dell'aria che, dopo lo svuotamento iniziale della zona, si precipitò indietro, rifluendo verso il centro dell'esplosione e abbattendo ciò che miracolosamente era rimasto ancora in piedi.
Vennero in tal modo rasi al suolo 12 km2 della città e si stimò in circa l'80% il grado di distruzione delle costruzioni.
La seconda manifestazione dell'energia sviluppatasi nell'esplosione fu il calore: si nota nel grafico, infatti, che più di un terzo è energia termica.
La temperatura più alta al suolo fu raggiunta proprio sotto il punto di esplosione, dove si stima abbia superato l'impressionante valore di 3900 gradi centigradi. L'enorme calore fu in grado di sciogliere le tegole in ceramica delle case entro un raggio di 500 metri dall'ipocentro.
Gli abitanti di Hiroshima che si trovavano entro un raggio di 2 chilometri dal centro dell'esplosione ebbero i vestiti letteralmente bruciati dalla vampata.
Ma la componente più subdola (sia perché invisibile, sia perché quasi totalmente sconosciuta) fu il restante 15%, vale a dire l'energia racchiusa nelle radiazioni.
Nell'esplosione, infatti, si originarono radiazioni Alfa, Beta, Gamma e di tipo neutronico, e se le componenti Alfa (nuclei di Elio) e Beta (elettroni o positroni emessi dai nuclei radioattivi) vennero assorbite dall'aria e non raggiunsero il terreno, non così fu per le radiazioni Gamma (radiazione elettromagnetica) ed i neutroni, che seminarono tra la popolazione il loro carico di morte.
E se l'effetto dell'onda d'urto e del calore provocò in pochi istanti 70.000 vittime, ben 130.000 saranno coloro che, per anni e anni ancora dopo l'esplosione, moriranno tra atroci sofferenze a causa delle conseguenze delle radiazioni.


Bibliografia e Link esterni:
viewtopic.php?f=69&t=1374" onclick="window.open(this.href);return false;
Rutherford: The Mass and Velocity of the alfa particles expelled from radium and actinium
Reynolds: Determination of the age of the elements.
Berkley Fisica Quantistica
Rudimenti di Meccanica Quantistica Rossetti
Ciccacci Fondamenti di Fisica Atomica e Quantistica
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Aldebaran
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Re: Professor Shogo Nagaoka

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Buongiorno a Tutti,

ecco qualche altra foto di Trinitite

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Il metallo che potete osservare in una foto è un tipo di BMG ( Bulk Metallic Glass ). Sto cercando di conferire al suddetto materiale alcune proprietà della Trinitite, che sto studiando per definirne il grado di abrasività, e di poterlo rendere utile per la costruzione di rasoi.

Grazie e buon giornata,

Andrea

p.s. Lavoro con le strutture "Bulk Nanostructed Materials " attivamente sin dal 2016 per fare anche il Damasco Wootz per rasoi*. L'idea mi era venuta ripensando agli studi di bulk micromachining (lavorazione meccanica del bulk su silicio) durante la costruzione di MEMS (Micro Electrical Mechanical System). Qualche mese fa ho tenuto al Politecnico di Milano una lezione in merito dato che hanno progettato li il Computer più veloce del mondo. È basato su una tecnologia legata all'uso dei Memresistori, appunto.
Ultimamente sto lavorando ad un tipo di BMG con delle caratteristiche simili a quelle della Trinitite. Stavo lavorando con quest'ultima per stabilire una legge su un tipo di abrasività indotta e ho scoperto altre "cose".
*Se mettiamo un sistema policristallino in condizioni di reagire, senza dubbio i componenti del bordo di grano reagiscono per primi perché hanno un’energia libera maggiore. La superficie si comporta come una fase vera e propria: questo approccio ci consente di spiegare i fenomeni di segregazione superficiale: alcuni componenti del bulk vengono richiamati dalla superficie e segregati su di essa. Questo genere di fenomeno può esserci molto utile in talune circostanze e perciò è importante conoscerlo per poterlo sfruttare al meglio. Il primo risultato
storico derivante dall’impiego di questa conoscenza sono gli acciai inox. Gli acciai inox sono dei materiali che portano all’esasperazione sia il concetto di segregazione superficiale che quello di reattività superficiale. Gli atomi di ferro sulla superficie di una normale lega Fe – C reagiscono molto facilmente con l’O2 dell’aria dando diversi ossidi, ma reagiscono anche dando altre specie come i carbonati. La reattività che si osserva in questo caso è anche maggiore di quella che ci si aspetterebbe, e questo si spiega bene con quanto abbiamo detto a proposito dei componenti del bordo di grano.
Quando abbasso la temperatura si inibiscono sia il bulk che la superficie, ma a rallentare di più sono gli atomi del bulk, che hanno un’energia
d’attivazione più elevata. Per cui il contributo degli atomi di superficie si fa sentire di più e addirittura sorpassa quello di bulk, tanto che da quel momento l’andamento è diverso. Lo stesso avviene per la diffusione dei solidi policristallini, nei quali ho superfici a bordo di grano. Tutti gli atomi, al bordo di grano, sono più reattivi e diffondono meglio. Prima di diffondere, un atomo deve
rompere i legami che lo tengono vincolato in quella posizione, ed in seguito formarne altri. La diffusione, quindi, costa energia, ma costa di più nel bulk, perché dobbiamo spostare oggetti che sono più stabili rispetto a quelli sul bordo di grano. Quindi, ad alte temperature, la diffusione corrisponde ad un fenomeno essenzialmente di bulk; quando, invece, la temperatura è bassa, la diffusione preferisce aver luogo lungo i bordi di grano, dove rischia di fare un percorso più lungo, perché il bordo di grano è una superficie estremamente frastagliata. Ciononostante, il processo è più veloce perché l’energia d’attivazione è più bassa. Questo è il motivo per cui gli atomi sulla superficie e quelli sui bordi di grano sono più reattivi; infatti, anche se lo stato attivato è, grosso modo sempre uguale, l’energia di partenza è più elevata per gli atomi in superficie, per cui non si ha la necessità di fornire al sistema una gran quantità d’energia. In termini
di reattività, comunque, a reagire sono più numerosi gli atomi di bulk, ma solo per motivi statistici, essendo quest’ultimi in numero molto maggiore rispetto agli atomi in superficie, i quali, però, reagiscono più velocemente. In conclusione, si può affermare che a temperatura ambiente, non si vede l’effetto di superficie. L’effetto di superficie si nota quando abbassiamo la temperatura, in quanto il termine esponenziale pesa di più. Diminuendo la temperatura, il sistema ha minor energia.
Bibliografia:
1. M. Sache, Damascus Steel, Myth, History, Technology Applications (Düsseldorf, Germany: Stahleisen, 1994).
2. B. Bronson, "The Making and Selling of Wootz," Archeomaterials, 1 (1986), pp. 13-51.
3. W. Rostoker and B. Bronson, "Pre-Industrial Iron, Its Technology and Ethnology," Archeomaterial Monograph No. 1 (Philadelphia, PA: Archaeomaterials, 1990), p. 127.
4. L.S. Figiel, On Damascus Steel (Atlantas, FL: Atlantas Arts Press, 1991).
5. C.S. Smith, A History of Metallography, Chapters 3 and 4 (Cambridge, MA: MIT Press, 1988).
6. C.S. Smith, "Damascus Steel," Science, 216 (1983), pp. 242-244.
7. J. Wadsworth and O.D. Sherby, "Damascus Steel-Making," Science, 216 (1983), pp. 328-330.
8. J.D. Verhoeven and D.T. Peterson, "What is Damascus Steel?" Mat. Char., 29 (1992), pp. 355-341.
9. M. Breant, "Description of a Process for Making Damasked Steel," Annals of Philosophy, 8 (1824), pp. 267-271.
10. P. Anossoff and O. Bulatakh, Gornyj Journal (2) (1841), pp. 157-318.
11. N.T. Belaiew, "Uber Damast," Metallurgie, 8 (1911), pp. 449-456; "Damast, seine Struktur und Eigenschaften," Metallurgie, 8 (1911), pp. 699-704; "Damascene Steel," J. Iron and Steel Inst., 97 (1918), pp. 417-439.
12. J. Wadsworth and O.D. Sherby, "On the Bulat-Damascus Steel Revisited," Prog. Mat. Sci., 25 (1980), pp. 35-68.
13. B. Zschokke, "Du Damasse et des Lames de Damas," Rev. Met., 21 (1924), pp. 635-669.
14. J.D. Verhoeven and A.H. Pendray, "The Mystery of the Damascus Sword," Muse, 2 (2) (April 1998), pp. 35-43.
15. J.D. Verhoeven and A.H. Pendray, "Experiments to Reproduce the Pattern of Damascus Steel Blades," Mat. Char., 29 (1992), pp. 195-212.
16. J.D. Verhoeven, A.H. Pendray, and P.M. Berge, "Studies of Damascus Steel Blades: Part IIDestruction and Reformation of the Pattern," Mat. Char., 30 (1993), pp. 187-200.
17. J.D. Verhoeven, A.H. Pendray, and E.D. Gibson, "Wootz Damascus Steel Blades," Mat. Char., 37 (1996), pp. 9-22.
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20. J.D. Verhoeven and E.D. Gibson, "The Divorced Eutectoid Transformation (DET) in Steel," Met. Mat. Trans. A, 29A (1998), pp. 1181-1189.
21. D.T. Peterson, H.H. Baker, and J.D. Verhoeven, "Damascus Steel, Characterization of One Damascus Steel Sword," Mat. Char., 24 (1990), pp. 355-374.
22. Massalski, "Preparation de l'acier Damasse en Perse," Ann. Du Journal des Mines de Russie (1841), pp. 297-308.
23. H.T.P. J. duc de Luynes, Memoire sur la Fabrication de l'acier Foundu et Damassee (Paris: 1844).
24. C. Panseri, "Damascus Steel in Legend and Reality," Gladius, IV (1965), pp. 5-66.
25. R.A. Grange, "Effect of Microstructural Banding in Steel," Met. Mat. Trans. A, 2 (1971), pp. 417-426.
26. L.E. Samuals, Optical Microscopy of Carbon Steels (Metals Park, OH: ASM, 1980), pp. 154-161.
27. S.W. Thompson and P.R. Howell, "Factors Influencing Ferrite/Pearlite Banding and Origin of Large Pearlite Nodules in a Hypoeutectoid Plate Steel," Mat. Sci. Tech., 8 (1992), pp. 777-784.
28. R. Grossterlinden et al., "Formation of Pearlite Banded Structures in Ferrite-Pearlite Steels," Steel Research, 63 (1992), pp. 331-336.
29. P.T. Craddock, "Cast Iron, Fined Iron, Crucible Steel: Liquid Iron in the Ancient World," Prehistory of Mining and Extractive Metallurgy, ed. P.T. Craddock and J. Lang (London: British Museum, in press).
30. H. Maryon, "Pattern-Welding and Damascening of Sword-Blades-Part 2," J. of Intern. Inst. for Conservation of Hist. and Art Works, 5 (1960), pp. 52-60.
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Re: Professor Shogo Nagaoka

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Grazie @aldebaran per questa interessantissima condivisione.
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