[OFF TOPIC] Il Miracolo di Santa Teresa

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Max Slo
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[OFF TOPIC] Il Miracolo di Santa Teresa

Messaggio da Max Slo »

Non voglio fare concorrenza a Caramon, ma voglio raccontarvi una storia, se posso.

I PARTE
27 marzo 201X. Una città del nord Europa. Mattina presto.

L’odore di Proraso rossa è ancora nelle narici, nonostante la Camel nella mano destra, con la quale mi passo anche ripetutamente il volto: BBS perfetto!
Nell’altra mano il conducente della navetta che la Compagnia nordica sta mandando all’albergo mi parla attraverso un vecchio Nokia.
‘Salve Buongiorno Ciao’, dice in italiano, ‘sono appena fuori la hall’, aggiunge in inglese.
‘Salve a te, anche io… dove ti trovi esattamente?’, mi guardo ripetutamente intorno e giurerei sulla mia testa che non c’è anima viva.
‘Davanti l’ingresso, cioè poco più avanti, davanti il Bellavita’.
Il Bellavita è un ex ristorante italiano del quale non restano nemmeno più le insegne, ma gli abitanti del posto continuano a citarlo. E’ all’angolo tra due strade, poco lontano dalla stazione ferroviaria e da uno dei maggiori alberghi della città, dove sorge anche un parcheggio libero enorme. E’ un punto di riferimento consolidato. Il Bellavita, appunto.
E non è il punto di riferimento migliore per il mio albergo di questa notte...
‘Ottimo’, gli faccio ridendo, ‘io sto al Continental...’, e attendo le imprecazioni.
E’ mattina e il traffico tra poco sarà imprevedibile in questa città formata da un unico grande cerchio e tante, tantissime viette chiuse al traffico. Ovviamente l’aeroporto è esattamente dalla parte opposta, anche se relativamente vicino. In realtà potrei persino arrivarci a piedi, ma la Compagnia non vuole.
‘Oh… bé… è un problema. Si bé… ehm, verifico se possiamo mandare un Taxi, può attendere qualche minuto?’
‘Anche due, amico mio!’. Mi sentivo allegro, riposato ed ero in largo anticipo.
Non amo fare le cose di corsa la mattina, l’ansia di un possibile ritardo, un qualsiasi imprevisto per strada, arrivi a lavoro già stressato. La fase lavorativa deve essere una parte della giornata, non l’inizio, non credete?
Non capisce il modo di dire che uso per salutarlo, ‘dai OK, nessun problema’, esclama qualcosa in lingua locale e mette giù. Avrà pensato che l’ho mandato a quel paese.
I miei ragazzi dormono ancora, hanno avuto turni massacranti ma sono contento di ritrovarli oggi, i turni non ci hanno fatto incontrare per un po' di tempo. Mi toccherà tirarli su di morale, sono la loro mascotte, e solo Stefano, il Primo Ufficiale, è più giovane di me di un paio d’anni.
Siamo tutti italiani, prestati alla Compagnia in un programma di scambio di esperienze, diciamo così.
Parte di loro parla la lingua locale e nel team c’è un assistente ‘originale’, che abita proprio qui vicino al Continental, mi diceva. Laszlo, un ragazzone enorme ma dal sorriso gentile. L’Assistente di Volo più paziente che io abbia mai visto.
Finito il programma, hanno chiesto ad un Equipaggio intero di rimanere per altri 3 mesi. Vogliono capire come fanno gli italiani ad essere così maldestri e al contempo i migliori aviatori del mondo. Questo mi ha dato molti, moltissimi grattacapi per la verità, potrei essere il figlio di molti Comandanti della Compagnia, non parlo la loro lingua, il loro inglese è scadente; e io ho stile, sono educato, e bacio le mani alle signore negli uffici all’aeroporto. Questo lo faccio apposta però: gli stranieri si divertono quando un italiano fa la caricatura di sé stesso.
All’inizio assumevano una faccia come se avessi fatto la cosa più sconveniente del mondo, poi se ne abituarono e ora ne sono contenti.
E i miei colleghi temporanei mi odiano, anche se il rispetto professionale è genuinamente sincero. Sono abituati ad una vita più serena, composta, perfetta. Ma non sanno divertirsi. Non contemplano una battuta, uno scherzo o una risata durante il lavoro.
‘Relax please’, ripetevo spesso in quel periodo al Primo Ufficiale di turno quando iniziava a sventolare a destra e a manca checklist come fosse la soluzione ai mali del mondo.
‘Con calma le cose riescono meglio e più chiare, ma soprattutto capisci meglio cosa stai facendo, perché e come hai fatto’, ripetevo spesso come primo consiglio. ‘Non trovi sul manuale qual’è il tuo problema, inquadralo prima, e cerca la soluzione poi’.
Poi suona il telefono, è la Compagnia che mi informa che invieranno un taxi.
Gli chiedo però di inviarlo ad un indirizzo poco distante, li’ si trova un BAR che ha delle pizzette che non ti dico.
Così mi incammino, fischiettando e guardandomi intorno con calma, come fanno le persone per strada quando passeggiano tranquille e senza pensieri.
Li avviso che anche i tre Colleghi connazionali sono al Continental, perché l’errore non si ripetesse.
Loro scenderanno giusto in tempo, sono dei dormiglioni.
Io invece sono in anticipo di due ore sulla tabella di marcia. Tirato a lucido e pronto per un’altra monotona e sempre uguale giornata a zonzo per il nord del continente.

Certo, loro gentili ed efficienti lo sono senz’altro. E’ una Compagnia medio piccola di persone perbene. Ci stanno trattando come fossimo loro figli, non ci fanno mancare nulla, anche gli extra son pagati entro un certo livello. E noi ricambiamo cercando di trasmettere una passione che da queste parti ho notato non esserci. E un po' di metodo, che non guasta mai. Quando posso, mi sento anche in dovere di correggere alcune brutte abitudini dei Colleghi del posto, ma questo è un altro discorso.
E’ una sorte che capita spesso agli italiani in questo settore, mettersi le mani nei capelli nel vedere come vengono condotte le Compagnie straniere, salvo poi rendersi conto che in molti Paesi, se una cosa funziona… lasciala com’è.
Non diventano facilmente amici, mai una cena con qualche Collega. Si lavora, mi sento tollerato, poi fuori dalle palle. Ma sempre con garbo.
Io e Stefano ripetiamo spesso che temono gli freghiamo tutte le mogli e le figlie. Ed è vero.
Non posso farci nulla se la prima ragazza che mi capitò a tiro il primo giorno qui, e che mi rispose con un sorriso da restarci secco è… la figlia del Capo Supremo. Voglio dire, io come potevo saperlo.
Venni ammonito sul fatto che tra Colleghi alla peggio si beve il caffè prima di prendere turno. E basta.
Ma fortunatamente dopo aver parlato ti lasciano vivere la tua vita, così noi continuammo a vederci per un po', in barba al Capo Supremo.

Ancora non sapevo, passeggiando vero il BAR, che quel 27 marzo l’odore di Proraso Rossa e il dolce sapore di pizzette alla nordica avrebbero lasciato il posto alla prova più dura da quando l’intero Equipaggio aveva deciso per un mestiere di soddisfazioni e imprevisti. Imprevisti rari, che ancora più raramente si presentano sono forma di minaccia autentica. Insomma, proprio quel viaggio su quanti milioni? Proprio quel giorno, proprio quel momento. Proprio noi.
Quel fatto sarebbe passato alla storia della Compagnia, questo è certo.
Della mia storia e di quella di Stefano, di Angela, Letizia, Marcél e Laszlo.

Il giorno del ‘Miracolo di Santa Teresa’.

Continua...
Max Slo
Caramon77
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Re: [OFF TOPIC] Il Miracolo di Santa Teresa

Messaggio da Caramon77 »

Ecco ora mi rodo dalla curiosità!
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Max Slo
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Re: [OFF TOPIC] Il Miracolo di Santa Teresa

Messaggio da Max Slo »

II PARTE
27 marzo 201X. Una città del nord Europa. Poco più tardi.

Lungo il breve tragitto dal Continental verso il BAR le auto sono già incolonnate.
Il clacson lo usano in pochi, attendono pazientemente, fino a quando un’ambulanza non chiede largo, allora il mare di macchine si muove leggermente, all’unisono, e si crea una corsia in cui la vettura in urgenza passa senza nemmeno rallentare. La corsia si richiude poi in un generico e orchestrato colpo di acceleratore. Nemmeno le formiche…
L’ordine e la pulizia della cittadina sono incredibili, mi sento in colpa quando accendo una sigaretta, che badate bene non mi sono mai permesso di buttare a terra una volta consumata. Ci sono cestini e posacenere ovunque. E’ vero, se tutto e pulito è nessuno sporca, ti viene naturale non farlo.

Mi faccio largo tra poche persone, ma tutte assiepate davanti la vetrina ricca di cornetti, dolci strani, torte mai viste prima, e pizzette.
Giuro: pizzette, quelle rotonde, piccole, ‘da prestinaio’ come diremmo noi. Non so per quale stranissimo motivo ma sono squisite. Tempo prima chiesi se per caso le facesse un italiano, macché, le fa ‘Nonno Kamil’, nel suo laboratorio segreto.
Dove sia questo laboratorio e che sembianze abbia questo nonnino non lo sa nessuno.
Ma smisi di indagare quando m’accorsi che la qualità delle pizzette era sempre dall’eccellente in su.
Solo per questioni di dignità personale, vista l’ora ancora semibuia, non prendo un thé alla pesca, e solo per evitare mail di pancia più tardi consumerò solo una pizzetta.

Uscendo dal BAR, tra il tintinnìo di posate e voci mescolate vedo Stefano, di Angela, Letizia e Laszlo.
Una sorpresa, ma di dicono essere pimpanti e in forma. Pure loro. Dev’essere stata l’ottima carne della sera prima. Marcél ci raggiungerò in aeroporto.

Stefano è sui 33, altezza media, corporatura robusta, già quasi calvo. Parla sempre. Parla, parla parla, e come tutti i piloti dice solo cose che riguardano donne. Tu gli parli, lui ti osserva serio, poi lui si volta e non ti ascolta più, ‘guarda questaaa, che pezzo di rosellinaaa!’ e lo fa trascinando le vocali con quell’accento toscano. E’ un pilota estremamente preparato e un fidato collega. Oggi è Comandante di lungo in una Compagnia dell’est.

Angela è una neo assunta della nostra Compagnia, quella vera intendo. Alta, bionda, con i capelli mossi e uno sguardo che sembra voglia cazziarti da un momento all’altro. E’ un peperino, e a me va bene così. Sta con noi da meno tempo degli altri ma è l’Assistente di Volo con più esperienza. Viaggia sui 45 se non sbaglio. In ogni caso non pariamo molto. Non credo nemmeno di stargli simpatico. Alla fine di questa storie rimarrà qui, sposa di un indigeno e sarà assunta a tempo pieno dalla Compagnia.
Letizia è mia coetanea e concittadina, ed è la mia voce e i miei occhi. Se in cabina cade una penna, io lo so, se Laszlo e Angela litigano, io lo so. Se ho gli occhi stanchi, me lo dice. Siamo Colleghi da dieci anni buoni, professionalmente ci fidiamo incondizionatamente l’uno dell’altra. So per certo che la pensa come me. E’ la persona che vorrei in caso di brutte emergenze. Ad oggi siamo ancora molto amici, anche se esercito part time ed è diventato davvero difficile incontrarsi professionalmente.
Marcél, che incontreremo più tardi, è un tunisino trapiantato qui, è gli occhi della Compagnia. Un assistente di primo pelo che si sente fuori posto. Ho avvertito anche in passato essere assolutamente in soggezione davanti Laszlo, decisamente più competente. Mi limiterò a chiedere a Letizia di controllare che non faccia casini. Ad oggi ha aperto un ristorante in quella città e di aerei, me
e Laszlo non ha più voluto avere niente a che fare.

Stefano sta parlando della carne della sera prima quando la vedo, fumando poco vicino la porta del BAR. C’è un gazebo, di quelli che vendono i fiori agli angoli della strada, ordinato, variopinto, preciso, e una ragazza sta ordinando alcuni vasi all’esterno. La vedo tra le pause del passaggio di un veicolo e l’altro. Ha i capelli lunghi mossi e castani. Carina. Davvero carina. Poi noto avere la pancia. Non sarà proprio all’ottavo mese ma…
Mi vede. La stavo fissando, non potevo semplicemente distogliere lo sguardo, così le faccio un cenno della mano. Lei risponde e sorride molto gentilmente, poi si stiracchiò la schiena tenendosi il fianco con un mano. Di rimando faccio il gesto di un pancione e lei mi indica 7. Non ci parliamo, ci sono troppe auto, e non ho intenzione di avvicinarmi. E’ incinta, e se proprio lo desiderassi so dove trovarla.
Arrivato il taxi e assicuratomi che la Compagnia sapesse che gli altri erano con me, ci dirigiamo verso l’aeroporto. Fortunatamente è arrivato un taxi 9 posti.
Dal finestrino ho il tempo di vedere la ragazza indossare una pesante giacca e salire su una macchina, che si accodò a noi; poi con la testa china sul cellulare, volevo salutare a casa, e non faccio più caso al resto.

Stavamo ufficialmente diventando il volo **1880, diretto ad una città ad un’ora e mezza di volo più a nord.

Continua...
Max Slo
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Handre84
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Re: [OFF TOPIC] Il Miracolo di Santa Teresa

Messaggio da Handre84 »

Mi sto appassionando di brutto :D
Non vedo l’ora di leggere il seguito!
Non esiste una curva dove non si possa sorpassare. (Ayrton Senna)
A parità di macchina, se voglio che uno mi stia dietro, state tranquilli che ci resta. (Gilles Villeneuve)
Il secondo è il primo degli ultimi. (Enzo Ferrari)
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Max Slo
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Re: [OFF TOPIC] Il Miracolo di Santa Teresa

Messaggio da Max Slo »

Ehm... non trovo più le restanti parti, mi sa che le ho cancellate. :oops:

Dovrò riscriverle:

Coming Sooon! :D
Max Slo
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Re: [OFF TOPIC] Il Miracolo di Santa Teresa

Messaggio da Max Slo »

III PARTE

27 marzo 201X. Una città del nord Europa. Ore 7:51
Quello che mi piace degli aeroporti poco affollati come questo nonostante l'ora di punta dei pendolari del volo, è che non devi fare lunghe file ai varchi di sicurezza dedicati allo staff.
Quello che non mi piace è che i rivenditori sono ancora quasi tutti chiusi, ad eccezione di un BAR in area sterile al piano partenze.
Passando vicino ad alcuni di questi piccoli negozi vedo che un tabaccaio ha in vendita diversi quotidiani internazionali, tra cui La Gazzetta dello Sport e il Corriere della Sera. Un Signore sulla settantina, distinto e di premura li prende entrambi e ci incontriamo con lo sguardo. D’istinto lo saluto in italiano e lui cortesemente ricambia.

Passati i varchi di sicurezza, sui tabelloni elettronici delle partenze uno dei primi voli segnalati è **1880, per *, con il logo della Compagnia che spicca sugli altri per colore e forma.
Al gate A6, che raggiungiamo presto, ci sono già alcune persone in attesa. Questa città non è molto organizzata con i mezzi pubblici, e se qualcuno vuole arrangiarsi senza auto deve fare i conti con orari piuttosto strambi, bus di linea alle 5 del mattino, poi più niente fino alle 8, poi due corse distanziate di dieci minuti, poi di nuovo più niente fino dopo pranzo. Non tutti hanno voglia di prendere un taxi, non proprio a buon mercato, così hanno appresso i portatili e quasi tutte le persone ai vari gate stanno lavorando da qui. Le ferrovie nel Paese non sono molto sviluppate, soprattutto per via di motivi meteorologici non sarebbe esattamente una passeggiata posare e gestire nuove linee, così sono abituati a prendere voli a basso costo la mattina e la sera 6 giorni la settimana. Sul 1880, che si tiene tre volte la settimana i volti sono quasi sempre gli stessi.
Il resto dei giorni invece sono coperti da voli della Compagnia di Bandiera, decisamente meno economica ma per questi lavoratori è e resta l’unica soluzione.

Mi avvicino alle due ragazze al desk di accettazione, sono già al loro posto nonostante per l’imbarco manco ancora un pò, l’orario previsto è ora zulu 9:00, che poi è anche l’ora locale.
Rassicurate le Colleghe di terra che saremo in orario, finalmente apriamo la porta dedicata agli Equipaggi e ci incamminiamo lungo il piazzale, verso Bravo Juliet, il nostro aereo odierno, un 737 serie 400 albino. Completamente bianco, è l’ultimo acquisto della Compagnia, ancora da pitturare.
Bravo Juliet è un vecchio lupo di mare, ne ha viste tante e tante altre potrebbe raccontarne. Non proprio novo di fabbrica, il ‘734’ è un velivolo robusto e affidabile.
Bravo Juliet, dalle ultime due lettere del codice di registrazione, è stato ribattezzato Baba Janga dai piloti della Compagnia precedente perché si dice che durante un volo in bassa Europa, uno dei passeggeri, Baba Janga appunto, fece un vero e proprio rito di liberazione dagli spiriti. Un santone di quelli tanta scena e poco santo. Così Bravo Juliet ne uscì purificato dal male, dicevano.
Ma a Baba Janga, non propriamente interessato a queste frivolezze da umani non è mai importato, ha sempre portato tutti in sicurezza tanto prima, quanto dopo quell’esperienza. Ma sono sicuro che sotto sotto il nomignolo gli piace. Baba Janga… è un’istituzione da queste parti!
Per me e Stefano è solo un 737, e come tale ora ci accingiamo a trattarlo.


Ore 8:11 circa
Voglio pensarci io al giro esterno mentre Stefano apre il cockpit e avvia le alimentazioni.
Il resto dell’Equipaggio prende posto e verifica che caffè, snack, riviste e quotidiani siano al loro posto e che la cabina sia adeguatamente pulita.
L’APU prende vita mentre mi avvicino al muso di Baba Janga, e le luci di navigazione si accendono, poi dallo stabilizzatore orizzontale sulla coda si deflettono gli elevoni a mostrare come tira il vento.

‘Derek, non vedevo l’ora lo sai, ancora grazie per avermi portata qui’, dice Hanna prendendo posto su una poltrona del gate A6. Di origini asiatiche, Hanna Young indossa una tuta nera e i lunghi capelli neri sono avvolti in una lunghissima coda. Hain mano due carte d’imarco per il volo *1880.
‘Fiordi, fiorsi e ancora fiordi’, risponde Derek. Uomo sulla quarantina, New York, indossa anch’egli una tuta nera e immense scarpe tra trekking. Derek Lafeniu ha origini ghanesi e i modi garbati. Rasato e dagli occhi nerissimi, potrebbe facilmente coprire una palla da basket con una mano.
‘Voglio morire di freddo, smettere di sudare per qualche giorno, e dormire fino a morire in riva a un laghetto’, aggiunge Hanna.
‘Cerchiamo di non morire di freddo davvero’, risponde Derek, ‘e godiamoci un po' di pausa… finalmente’, e sospira.
E’ da anni che cercavano di avere un periodo di ferie congiunto per gustarsi un giro in Europa.
Entrambi posarono la stessa allo schienale della propria poltrona e cercarono di assopirsi, quando una ragazza si accomodò di fianco a loro.

Eleanor posa uno zaino, sbuffa, poi si avvede dei due vicini di posto. Sta per scusarsi per il baccano quando Derek si china davanti a sé e raccoglie la carta d’imbarco del volo *1880.
‘Le è caduto questo, Signorina, aggiunge poi.
‘Oh… grazie, scusate sono così sbadata stamattina…’. Eleanor è la fioraia di questa mattina. Raggiunge il fratello per una breve pausa lontano dalla città, all’aria fresca. Prima di partorire.
‘Bé… sei anche molto incinta!’, esclama Hanna.
‘Hanna!?, la rimbrotta Derek.
‘No non c’è problema… sono al settimo mese, e… son contenta ma… sono esausta!’.
‘Posso immaginare… bé… Hannah, lui è Derek’.
Si stringono la mano e Derek mostra un sorriso da bravo energumeno.
‘Eleanor, piacere’.

Ore 8:20
‘Non si sono fregati niente’, faccio a Stefano dopo il giro esterno.
La cabina è fredda.
‘Bene...’, ma sta caricando il piano di volo quindi lo lascio fare.
Alcuni tecnici hanno verificato l’avionica poco fa, e hanno lasciato la strumentazione come deve essere dopo la checklist ‘dark & cold’, per cui diversi servizi e strumenti sono già avviati.
Direi che non c’è nulla da fare per il momento se non attendere l’imbarco.
‘Before Start Checklist’, ordino, e ci mettiamo a gesticolare in automatico, tra un piccolo foglio di carta e diverse levette e pulsanti.

Ore 8:22

‘Siamo pronti all’imbarco Comandante’, esclama Stefano.
‘Vai’, rispondo guardando fuori dal finestrino.

Ore 8.23
Signore e signori buongiorno, cominciamo l’imbarco per il volo * numero uno otto otto zero con destinazione *… vi preghiamo...[…]

‘Lascia che t’aiuti’, dice Derek afferrando il suo zaino e infilandoselo con un veloce gesto destro la schiena e prendendo sottobraccio quello di Eleanor.
‘Grazie...’, risponde timidamente.
I tre si avviano verso il gate, dopo Eleanor ha diritto a passare per prima.
Derek e Hanna si mescolano insieme ad altre 139 persone, pregustando silenzio, fresco e cibo sano per qualche giorno.

Ore 8.30
Arriva il primo bus, ne scendono decine di persone incuranti di cosa li circonda. Un veloce sguardo all’orologio al polso mentre sono in fila per salire la scaletta.
Alcuni bambini indicano il motore sinistro di Baba Janga e si chiedono come faccia ad emettere tanto baccano anche non girando. Semplice, il rumore è prodotto all’APU, un piccolo motore a turbina nascosto nella coda, che serve da generatore elettrico quando i principali generatori, i motori, non sono avviati. In altri casi può essere limitatamente usata anche in volo, soprattutto in caso di particolari emergenze.

Ore 8.55
Completato l’imbarco ordino ‘Assistenti di Volo, chiudere portelli, armare gli scivoli, crosscheck e conferma re grazie’.
Ho parlato in inglese naturalmente, ‘setnti che bell’accento italiano’, Hanna si stringe al braccio di Derek, rispettivamente nella fila 16, posti A e B. Hanna è abituata per mestiere, come Derek del resto, ad avere tutto sotto controllo, e ama guardare dal finestrino quando vola. Accanto a lei ma poco più avanti, la semiala sinistra di Baba Janga sembra indicare un punto un punto a caso dell’aeroporto.
‘Eleanor è lì’, aggiunge Derek, salutando la fioraia con un gesto della mano, mentre questa prende posto e si volta indietro.

Sento Letizia prendere il microfono e recitare il messaggio di benvenuto.
Dopo qualche tempo, ‘Comandante, porte chiuse, scivoli armati, cabina pronta’.

‘Andiamo?’, dico con distacco girandomi appena verso Stefano.
‘* Ground buongiorno, * 1880, pronti messa in moto e partenza’, cinguetta nelle cuffie il giovane Primo Ufficiale. La sua voce mi torna cristallizzata nelle cuffie.
‘Otto ottanta buongiorno, QNH 1323, autorizzati messa in moto, al push se necessario. Pista attiva 23, taxi via Aplha 2, Aplha 4, contattare Torre al punto attesa 24, con Tango’.
‘Otto ottanta con Tango, autorizzati messa messa in moto, no push, taxi via A2 A4, contatteremo’.

Mikko è un collega. Lavora in SAS da diverso tempo. E’ Comandante di 737 e la mattina di quel giorno, verso le 8.55 stava andando a pesca in un vicino fiordo. E’ in auto a quell’ora quando si trova proprio sotto la Standard Instrumental Departure della pista 23 dell’aeroporto di *, così, complice un po' di traffico di villeggiatori, guarda interessato i velivoli in partenza divertendosi ad immaginare cosa stanno facendo ora i suoi sconosciuti colleghi. Iva è al suo fianco e dorme, e nel sedile dietro lo stesso fa il piccolo Mika.

‘Libero a sinistra’, dico, e subito Stefano aggiunge
‘libero a destra’.
Tolgo i freni e dando potenza quanto basta Baba Janga muove le ruote.
Letizia recita le raccomandazioni di sicurezza mentre io seguo scrupolosamente la taxi Alpha 2.
‘Taxi Checklist’, chiedo.
E di nuovo, con un occhio vigili all’esterno, seguiamo la sequenza di istruzioni di un foglietto di carta.
Imbocchiamo l’Alpha 4, raggiunta la fine della quale contattiamo Torre.
‘* Torre buongiorno, *1880, punto attesa 23 per la Partenza’.
‘Otto Ottanta buongiorno, attenzione al MD-80 in corto finale’.
‘Otto Ottanta manteniamo posizione, abbiamo l’80 in vista’.
Passano meno di due minuti quando la Torre si rifà sentire.
‘Scandinavian 9-16, liberate pista a sinistra, contattare Ground su 112.5’.
‘Liberiamo, 112,5, 9-16’.
‘* Otto Ottanta autorizzati allineamento e attesa pista 24’, aggiunge poi l’Operatore di Torre.
In attesa che lo Scandinavian liberi la pista ci autorizza per intanto ad impegnarla. Per evitare qualsiasi incomprensione da diverso tempo non si usa mai il termine decollo se non quando espressamente autorizzato. Si usa invece Partenza, per indicare l’intenzione a partire, ma non una condizione di decollo imminente.
‘Otto Ottanta autorizzati al decollo’, conferma poi un’altra voce.
‘Otto Ottanta decolla, ciao’, fa eco Stefano.

Ore 9.03
Porto avanti le manette, poi lascio il freno.
Baba Janga pare voler disarcionarci, poi prendere velocemente velocità.
‘Takeoff Trust Set!’, urla Stefano.
Lo Scandinavian appena atterrato ci passa di lato ormai veloce, andando lento e stanco verso il parcheggio.
‘Eighty!’, urla di nuovo Stefano.
Stavolta gli rispondo, ‘check!’.
Poco dopo, quando ormai il ruotino anteriore urla qualsiasi piccola asperità:
‘V1!’, e dopo pochi istanti, ‘rotate!’
Porto a me la barra di comando lasciando le manette della potenza, non servono più.
Gli elevoni in coda si alzano, creandola una potente superficie deportante e abbassandola. Di conseguenza si alza il muso, l’aria colpisce le ali, che ottimizzate da slat e ipersontentatori generano abbastanza energia portante da sollevarle, con tutto il resto a loro attaccato.

Mikko sente un rombo, si gira alla sua sinistra, e Baba Janga sfonda il cielo con il suo sibilo.

‘Positive Rate of Climb!’.
‘Gear up!’.

Mikko continua a osservare Baba Janga anche quando gli passa oltre, cercando uno spiraglio del finestrino della moglie. Poi, sicuro di aver visto bene, cerca ulteriore conferma uscendo dall’auto e facendosi scudo dal sole con le mani.
Per pochi attimi resta perplesso, poi imbraccia il telefono e chiama l’ufficio emergenze dell’aeroporto di *. Se ha visto giusto, e ci giurerebbe, vuole essere sicuro che altri oltre lui hanno visto quel particolare.
Max Slo
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