Cellule Legnose e Struttura delle Loro Pareti

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Aldebaran
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Struttura dei tessuti legnosi

I termini di "struttura" ed "organizzazione architettonica" del legno si riferiscono, generalmente, alla tipologia e disposizione dei suoi componenti anatomici principali, considerati sotto l'aspetto fisico, chimico, macro, micro ed ultra- microscopico.

Il legno, infatti, è costituito da cellule di forma, taglia e funzioni che dipendono dal ruolo fisiologico o di sostegno nell'albero in piedi, determinato sin dalla loro origine cambiale ma, per quanto i tessuti legnosi siano gli stessi, le dimensioni relative e la disposizione spaziale delle varie cellule si differenziano da genere a genere botanico e, talora, da specie a specie così da fornire utili elementi per il suo riconoscimento. Lo studio della struttura del legno riveste, pertanto, contemporaneamente un interesse biologico ed un'importanza pratica per i seguenti motivi principali:

a) serve a spiegare i meccanismi di accrescimento degli alberi, potendo, in certi casi, offrire valide informazioni sulle possibilità di migliorare la qualità della produzione legnosa (è noto, ad esempio, che il legname di Conifere presentante anelli di accrescimento di ampiezza elevata è, in genere, considerato più scadente nei confronti delle prestazioni meccaniche rispetto a quello con anelli "stretti");

b) aiuta a comprendere ed apprezzare meglio il comportamento del legno come materiale e consente di precisare le relazioni esistenti tra anatomia e caratteristiche tecnologiche (per via della stretta relazione esistente tra la sua struttura, le sue proprietà ed i suoi impieghi);

c) è utile nell' identificazione, descrizione e selezione dei vari legni, aspetto che interessa il commercio, l'industria, la progettazione e l'impiego in quanto, spesso, non è sufficiente conoscere il nome e le caratteristiche tecnologiche teoriche di un determinato legno ma occorre anche saperlo effettivamente riconoscere e valutarne le proprietà effettive.

Come già accennato, nei Paesi a clima temperato, in cui le stagioni presentano una netta differenziazione climatica, l'attività cambiale è periodica e dà origine ad anelli di accrescimento che possono presentare differenze più o meno marcate tra gli elementi cellulari che costituiscono la zona di legno primaticcio, formatisi nel periodo iniziale della ripresa vegetativa, e quella di legno tardivo, formatisi successivamente durante le fasi finali dell'accrescimento annuale.

In genere, tali differenze non sono legate tanto ad una diversa tipologia e disposizione delle cellule nell'ambito di un singolo anello ma sono dovute, soprattutto, a variazioni delle loro dimensioni (in particolare, del loro diametro radiale) e dello spessore delle loro pareti determinando, a seconda dei casi, differenze di colore o di compattezza dei tessuti per cui i vari anelli di accrescimento risultano solitamente ben distinguibili tra loro e, nel caso di una sezione trasversale intera, è spesso possibile, contandone il numero, stimare l'età del campione e, misurandone l'ampiezza, ricavare utili indicazioni sulle modalità di accrescimento dell'albero.

Esaminando attentamente, mediante l'uso di una lente di ingrandimento, una sezione trasversale di un campione di legno "ravvivata" dall'azione di un tagliente ben affilato, è inoltre possibile constatare che essa è costituita da elementi anatomici anche piuttosto diversi tra loro per quanto riguarda la forma, il diametro, lo spessore delle pareti cellulari, ma la cui disposizione reciproca nello spazio rimane costante e caratteristica per una determinata specie legnosa e, più precisamente, per le specie appartenenti ad uno stesso genere botanico.

Il cambio, che ricopre tutta la superficie periferica dei tessuti legnosi, è infatti costituito da iniziali di vario tipo, ognuna delle quali dà origine a un certo gruppo di cellule (elementi vasali, fibre, raggi parenchimatici, ecc..) che, per ciascun genere botanico, sono disposte in modo predeterminato e costante.

Se esaminato tangenzialmente lungo una sezione longitudinale in prossimità delle prime derivate, il cambio appare come una sorta di matrice che produce a sua immagine, radialmente e verso l'interno, strati successivi di cellule legnose con modalità più o meno simili a quelle di una fotocopiatrice.

Tale disposizione tangenziale (detta anche "piano anatomico di base" o, dagli Autori francesi, "piano legnoso") costituisce, pertanto, un carattere sistematico in cui si evidenziano, in genere, due tipologie di elementi cellulari:

· cellule più o meno allungate in direzione assiale (iniziali fusiformi), da cui deriveranno le tracheidi, gli elementi vasali, le fibre, ecc.., cioè tutti quegli elementi anatomici che si sviluppano prevalentemente in lunghezza e che sono adibiti a funzioni di conduzione e/o di sostegno;

· cellule di forma quadrangolare, quasi quadrata (iniziali isodiametriche), spesso costituite da una singola fila ma, a volte, riunite in gruppi lenticolari, anche molto più larghi (almeno per quanto riguarda la loro porzione centrale), che daranno origine ai futuri raggi parenchimatici.

La dimensione e la forma dei gruppi di cellule iniziali dei raggi e la loro posizione relativa (esse possono disporsi in modo stratificato, a zig-zag, senza allineamenti privilegiati, ecc..) contribuiscono, tra l'altro, all'identificazione del legno di certe specie, in particolare nel caso di molti legnami tropicali.



VARIAZIONI DI STRUTTURA DEL LEGNO

Con la sua attività in direzione radiale e centripeta, il cambio dà origine a strati successivi di cellule legnose, disposti parallelamente alla superficie laterale del fusto, che riproducono fedelmente la sua immagine in quanto risultano simili a copie realizzate con una matrice per ciclostile.

Quando il fusto aumenta di diametro, la superficie cambiale si accresce ugualmente ma in maniera tale che la struttura del legno, caratteristica di quella determinata specie, resta costante e predeterminata. Si formano, così , nuovi gruppi di iniziali che presentano la stessa densità per unità di superficie, la stessa disposizione relativa, le stesse caratteristiche genetiche, ecc..

Il cambio, quindi, trasmette alle nuove derivate i tratti generali della struttura del legno che presenta caratteristiche specifiche, ereditarie e costanti per una determinata specie, evidenziando caratteri comuni ed analogie nell'ambito di uno stesso genere botanico, ma sono la stazione - intesa nel senso globale del termine quale insieme dei caratteri ecologici permanenti di un determinato sito -, l'andamento climatico registratosi durante la stagione vegetativa considerata, i trattamenti selvicolturali eseguiti ed eventuali fattori accidentali che esercitano un'influenza fondamentale sulla stessa attività cambiale e sulla differenziazione cellulare, determinando di conseguenza le caratteristiche di variabilità tipiche del legno.

In quest'ottica, appare particolarmente significativo l'esame delle sezioni anatomiche trasversali del legno di diverse specie (Castagno, Olmo campestre, Abete, Acero montano, Pioppo di coltura a rapido accrescimento, Pino uncinato di provenienza montana e ad anelli stretti, Douglas di provenienza europea e nord-americana) che permette di evidenziare l'evoluzione della differenziazione delle cellule legnose prodotte dal cambio nel corso di una stagione vegetativa.



Variazioni dovute a fattori ereditari e fisiologici

Nel caso del Castagno e dell'Olmo, alla ripresa della vegetazione, dopo la pausa invernale, il cambio forma essenzialmente elementi vasali di grosso diametro, più o meno accompagnati da parenchima, che costituiscono una zona periferica detta "zona iniziale porosa". Questa attività si prolunga, in modo continuo ma localizzato nel legno di Castagno, in cui si possono distinguere, sotto forma di piccole "fiamme" più o meno radiali e sinuose, aree riempite di elementi vasali di taglia decrescente ("vasi tardivi") accompagnati dalla loro areola di cellule parenchimatiche.

Nel caso dell'Olmo, invece, tale attività è periodica e, all'interno del legno tardivo, si possono notare zone concentriche di elementi vasali, di diametro inferiore rispetto a quelli che formano la zona primaticcia dell'anello poroso, ugualmente attorniati da parenchima e che si sviluppano in direzione tangenziale seguendo un andamento ondulato.

Nell'Abete, come in altre Conifere, si riscontrano variazioni di spessore e struttura delle pareti delle tracheidi, tanto che quelle del legno tardivo risultano molto più spesse, di colore più scuro e di maggior densità rispetto a quelle del legno primaticcio. Nel legno di Conifere, inoltre, a seconda delle diverse specie botaniche, la transizione tra le due suddette porzioni può evidenziare un passaggio graduale o avvenire bruscamente.

Nell'Acero montano, non si constatano, invece, sensibili variazioni legate ad una particolare differenziazione cellulare nel corso della stagione vegetativa: in tal caso, nel passaggio dalla zona di legno primaticcio a quella di legno tardivo, gli elementi anatomici risultano tutti apparentemente delle stesse dimensioni ed evidenziano pareti cellulari della stessa struttura e spessore, con l'unica eccezione della presenza, a volte, di qualche strato di cellule con parete di maggior spessore o di una sottile fascia di parenchima (detto anche "parenchima di chiusura") depositati in corrispondenza della fascia più esterna di legno tardivo.

ariazioni dovute all'influenza di fattori stazionali

L'influenza di alcuni fattori estrinseci sull'accrescimento degli alberi può essere di vario tipo e riflettersi in modo più o meno significativo sulla formazione del legno.

Tra i fattori principali, rivestono particolare importanza quelli ecologici - dovuti ad esempio alle diverse condizioni edafiche e stazionali (legate in particolare alla profondità ed umidità del suolo, all a pendenza del terreno, all'altitudine e all'esposizione) in cui si sviluppano le piante, alle variazioni climatiche, ecc.. -, quelli selvicolturali (quali, innanzi tutto, le differenze tra il governo a ceduo e a fustaia, tra fustaie naturali e artificiali, l'influenza della densità tra le piante e dei diradamenti, ecc.) e quelli legati a componenti accidentali, ovvero dovuti alle interazioni tra piante, ambiente ed altri organismi.

L'influenza di questi fattori, determinando variazioni di ampiezza e regolarità degli anelli di accrescimento, si riflette poi su alcune importanti caratteristiche morfologiche del legno (in particolare sul colore, la venatura e il disegno, visibili nelle sezioni longitudinali) e sulle sue proprietà fisico -meccaniche (comportando variazioni di massa volumica e di resistenza).

In Francia, ad esempio, le Roveri che vegetano in stazioni a bassa fertilità e presentano incrementi limitati sono generalmente caratterizzate da legno tenero, a tessitura debole e con alburno sottile; ma, tra tutti i popolamenti di qualità pregiata, cioè in grado di fornire assortimenti da tranciatura, alcuni godono di particolare fama grazie a certe particolarità come il colore del loro durame che sembrerebbe dipendere da un fattore pedologico legato alla presenza nel suolo di ben determinati elementi oligominerali.

L'impatto dei fattori stazionali sulla qualità del legno, inoltre, è tale che, a volte, l'"effetto stazione" supera l'"effetto specie". Ciò si verifica, ad esempio, per i legnami di alcune Conifere (Abete rosso e Pino silvestre) vegetanti nei Paesi nordici che, spesso, si assomigliano tra loro più di quelli di alberi della stessa specie provenienti da stazioni di clima temperato.

Anche l'influenza dell'altitudine determina, parimenti, molte analogie tra i legni di specie diversa che vegetano in una stessa Regione geografica (vedasi il legno di Pino silvestre, Pino uncinato e Pino cembro di molte stazioni alpine).

Per contro, a volte, è possibile riscontrare notevoli differenze anche nell'ambito di una stessa specie: è il caso, ad esempio, del legno di Pino lancio che vegeta sulle montagne della Corsica o quello proveniente da popolamenti su terreni sabbiosi di molte stazioni continentali, in cui si potrebbe persino ritenere che si tratti di due specie del tutto diverse tra loro. Il primo, infatti, presenta un durame di color bruno scuro ed è "duro" e "pesante", l'altro, invece, è bianco- giallastro, "tenero" e "leggero".

In genere, il fattore climatico che interviene maggiormente nel condizionare l'ampiezza degli anelli è quello limitante le possibilità di vegetazione: così, in climi caldo-aridi sarà la scarsità delle precipitazioni, mentre in climi freddi saranno le basse temperature e una limitata stagione vegetativa. In altri casi, le relazioni saranno molto più complesse in funzione di fattori sia favorevoli che sfavorevoli.

E' opportuno, comunque, sottolineare che le relazioni tra fattori ecologici e qualità del legno sono estremamente complesse e che la ricerca in tal campo è ancora agli stadi iniziali. L'ampiezza degli anelli, cioè il loro spessore misurato in direzione radiale è, in primo luogo, un elemento macroscopico fondamentale per poter giudicare la rapidità di accrescimento di un fusto e di formazione dei tessuti legnosi.

Tale dipendenza non può, tuttavia, essere stabilita in modo semplice né essere generalizzata, giacché sono troppi i parametri che interferiscono e modificano l'andamento generale dell'accrescimento quale risulterebbe dalla costanza (peraltro impossibile) di tutti i fattori coinvolti.

Detto accrescimento ipotetico risulterebbe forte nei primi anni (15-20), per poi decrescere lentamente sino ad assumere una tendenza asintotica verso l'orizzontale in età assai avanzata; questa curva teorica è, però, in pratica sostituita da una linea a onde o con deviazioni aventi carattere irregolare (con picchi di massimo e di minimo) in cui, spesso, sono riconoscibili periodismi di 11, 22 anni o che presentano altre frequenze. L'ampiezza di ciascun anello di accrescimento dipende, infatti, dai fattori intrinseci (che intervengono sia a livello specifico che individuale) ed estrinseci sopra elencati sull'attività del cambio.

A tal proposito, è possibile evidenziare differenze di ampiezza anche notevoli tra gli anelli che caratterizzano il legno di una specie, magari di caratteristiche genetiche tali da conferirgli un'elevata rapidità di accrescimento, cresciuta in pianura, su un suolo profondo e umido (Pioppo di piantagione) e quelli di una specie cresciuta, invece, in alta montagna al limite della vegetazione arborea (Pino uncinato). Un altro possibile esempio è quello relativo alla diversa ampiezza degli anelli rilevabile nel caso di due provenienze geografiche diverse di legname della stessa specie (ad esempio, di Douglasia).

Nei nostri climi i minimi valori di ampiezza dei singoli anelli di accrescimento (inferiori ad 1 mm di spessore) si possono riscontrare nelle Conifere di alta montagna (Larice, Pino cembro) oppure al lembo verso mare delle formazioni costiere aride (Ginepri); i massimi valori si hanno, invece, nei Pioppi euramericani di coltura, in cui si superano spesso i 25 mm e, in stazioni estremamente favorevoli, in alcune Conifere esotiche utilizzate in impianti di arboricoltura da legno (Pino radiata, Pino strobo, Douglasia), ove non sono rari incrementi annuali di 20-25 mm.

A prescindere dai fattori genetici o da quelli legati all'età della pianta, in effetti, è facilmente intuibile come alcuni fattori estrinseci, agendo sulla circolazione dell'acqua nel fusto e quindi sulla sua nutrizione, possano esercitare, nel contempo, una notevole influenza sulla struttura e sulla quantità del legno che si forma nel corso di una stagione vegetativa.

L'esame di alcune caratteristiche degli anelli di accrescimento (regolarità, ampiezza e percentuale di legno tardivo) permette spesso di conseguire, a prescindere dalla specie botanica, importanti indicazioni tecnologiche e di poterne stimare con sufficiente approssimazione le caratteristiche fisico-meccaniche del legno, tanto che costituisce uno dei principali parametri presi in considerazione nella classificazione visuale degli assortimenti legnosi destinati ad impieghi strutturali.

Nel caso di molte Conifere, ad esempio, più l'anello è sottile, più la percentuale di legno tardivo risulta elevata ed il legname presenta una maggior massa volumica e migliori proprietà meccaniche.

Nell'Abete rosso, un'ampiezza ridotta, in conseguenza della maggior importanza relativa della porzione di legno tardivo, provoca un aumento della sua massa volumica e resistenza. Ciò é vero, però, solo se la suddetta riduzione è dovuta alla frugalità delle condizioni di vegetazione del popolamento (ad esempio, per l'influenza dell'altitudine) mentre le proprietà meccaniche non risultano aumentate se tale effetto è legato ad un cattivo stato fisiologico degli alberi (condizioni difficili di alimentazione, fitopatie, ecc..). Al contrario, tutto ciò che favorisce l'accrescimento dell'Abete rosso (fertilità del substrato pedologico, presenza di condizioni ecologiche ottimali, diradamenti di intensità elevata, ecc..) ne riduce la massa volumica e le proprietà meccaniche del legno. La stessa cosa si verifica, almeno in parte, nel caso dell'Abete bianco, ma tale specie è molto meno frequentemente coltivata al di fuori delle sue condizioni ecologiche normali, per cui il campo di variazione dell'ampiezza degli anelli di accrescimento risulta, in tal caso, meno esteso.

La correlazione tra l'ampiezza degli anelli di accrescimento e la massa volumica/proprietà meccaniche del legno non è, invece, così netta nelle altre Conifere. In tal caso entrano in gioco molti svariati fattori tra cui, nel Pino silvestre, la razza, le condizioni pedologiche (legate alla presenza di suolo calcareo o siliceo), ecc.. per cui il legno di tale specie può presentare caratteristiche tecnologiche molto diverse nelle sue varie provenienze anche a parità di ampiezza degli anelli di accrescimento. La Douglasia conserva, comunque, discrete proprietà meccaniche anche nel caso di un'ampiezza elevata degli anelli di accrescimento.

Nel caso delle Latifoglie ad anello poroso, si verifica, generalmente, un fenomeno contrario e cioè, più l'anello è sottile, maggiore risulta la percentuale di legno primaticcio e minore la resistenza del materiale. In particolare nelle Querce caducifoglie, nella Rovere, nella Farnia o nella Roverella, esiste un'ottima correlazione tra la presenza di anelli di accrescimento di ampiezza ridotta e quella di una massa volumica poco elevata, di inferiori valori di ritiro e migliori caratteristiche tecnologiche, tanto che in tal caso il legno risulta più apprezzato e di maggior valore economico.

Qualunque sia l'ampiezza degli anelli di accrescimento, la larghezza della porzione di legno primaticcio che presenta elementi vasali di grosso diametro e determina un cerchio poroso, infatti, è generalmente costante in tutte le Querce caducifoglie. Un aumento dell'ampiezza conduce dunque, in prima approssimazione, ad un aumento della larghezza della porzione di legno tardivo più ricco di fibre e meno poroso, e di conseguenza ad un aumento della massa volumica, dei valori di ritiro, della durezza e di altre proprietà meccaniche.

Ma ciò non è del tutto semplice: in funzione delle diverse stazioni, la porzione di legno tardivo può contenere una percentuale più o meno elevata di elementi vasali e, a tal proposito, le provenienze atlantiche di Rovere presentano, ad esempio, una maggior frequenza di pori (nella porzione di legno tardivo) rispetto alle provenienze più continentali. La porosità del legno tardivo può inoltre compensare, almeno in parte, le influenze negative dovute all'aumento dell'ampiezza degli anelli di accrescimento e conferire a certe Querce che presentano anelli molto larghi (come nel caso di molte piante cresciute isolate) la stessa attitudine nei confronti di alcuni impieghi più nobili e remunerativi che tradizionalmente sono tipici dei soggetti ad anelli stretti.

Anche gli interventi antropici esplicantisi con tagli parziali del soprassuolo circostante l'albero in esame possono, infine, essere denunziati da improvvise variazioni di ampiezza degli anelli di accrescimento: ciò è particolarmente visibile nelle specie cosiddette "sciafile", che tollerano un forte aduggiamento (come l'Abete bianco) e nelle matricine (Faggio, Castagno, Querce) lasciate quali porta-seme durante l'utilizzazione di molti cedui.

Nella scelta del legno destinato ai vari impieghi è quindi opportuno avere sempre ben presente che la sua struttura, l'aspetto e le sue proprietà risultano determinate sia dalle caratteristiche specifiche della specie botanica che dalle provenienze considerate.
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Tessuti Legnosi

Tessuto Tegumentale

I tessuti tegumentali si trovano soprattutto sulla superficie della pianta. Essi proteggono la pianta e impediscono la perdita d’acqua. Le cellule dei tessuti togumentali sono molto unite, in modo da non lasciare spazio tra una e l’altra. Queste cellule sono chiamate cellule dell’epidermide (proprio perché ricoprono lo strato più esterno della pianta).

Tessuti Conduttori

I tessuti conduttori formano due diversi sistemi di trasporto:

lo xilema o legno
il floema o libro

Lo xilema permette alla linfa grezza di andare dalle radici alle foglie; il floema invece permette alla linfa elaborata di andare dalle foglie alle altre cellule della pianta.
Il legno è formato da tracheidi e elementi vasali. Essi sono cellule allungate messe una sopra l’altra.
Sono praticamente cellule morte, perché sono fatte soltanto di parete cellulare.
Nei punti dove le tracheidi si incontrano, la parete della cellula è meno spessa. Questo permette alla linfa di passare. Invece tra gli elementi vasali, la parete scompare del tutto creando dei veri e propri vasi.

Invece il libro ha una struttura diversa. Le sue cellule sono chiamate elementi tubolari cribrosi e sono vive. Sono messe una sopra l’altra. Nel punto in cui si toccano hanno una parete con tanti buchi. Attraverso questi buchi passa la linfa.

Tessuto Parenchimatico

I tessuti parenchimatici si dividono in tre tipi a seconda delle caratteristiche che hanno:

fotosintetici: sono formati dalle cellule che svolgono la fotosintesi
di riserva: sono formati da cellule dove si accumula amido e altre sostanze che verranno usate solo in seguito
aeriferi: in questi tessuti, c’è molto spazio tra una cellula e l’altra. In questi spazi passano i gas catturati o prodotti dalla pianta.
Ovviamente più sono spesse le pareti, più resistenti saranno i tessuti.

I Tessuti Meccanici ...
...di sostegno consentono al fusto di resistere a sollecitazioni molto forti, come per esempio la forza del vento. Questo è possibile non solo grazie alla sua robustezza, ma anche alla sua elasticità (cioè la sua capacità di cambiare forma in seguito a sollecitazioni esterne).

Tessuti Secretori

Producono sostanze di vario tipo che frequentemente vengono riversate all'esterno (oli e resine)

1.Peli Secretori:hanno la parte terminale ingrossata e sono sull'epidermide.

2.Canali Secretori:canali resiniferi delle conifere.
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